(ANSA) “La Sede molisana sarà la prima in Italia ad essere completamente digitalizzata dopo un investimento economico rilevante da parte della Rai eppure la nostra struttura è una delle poche sedi a rischio chiusura. Un motivo in più che ci spinge oggi a partecipare allo sciopero convinti come siamo che solo così possiamo difendere il diritto dei cittadini molisani a vedersi garantiti i diritti al pari di quelli di altre realtà. Dispiace constatare che a rivendicare tali diritti non ci sia la partecipazione dei colleghi giornalisti dei quali rispettiamo la scelta, pur non condividendola”. È quanto scrivono i lavoratori della sede Rai di Campobasso in una pagina a pagamento fatta pubblicare oggi, giorno della loro protesta, su alcuni quotidiani locali. “La Rai – proseguono – non è fatta solo di grandi palazzi ma anche di piccole strutture, come quella molisana, che quotidianamente offre all’utenza la stessa programmazione di altre regioni italiane: Buongiorno Regione, due edizioni del Giornale Radio, tre edizioni di Telegiornale; un Settimanale. A queste produzioni vanno aggiunti tutti i contributi che la sede molisana garantisce alle Testate nazionali”. Nella pagina sui giornali i dipendenti Rai poi scrivono ancora. “Oggi più che mai è necessario riflettere sul futuro della più grande Azienda culturale del Paese. Noi dipendenti lo facciamo con una giornata di mobilitazione per difendere quello che dovrebbe essere un patrimonio che appartiene esclusivamente ai cittadini. Da sempre sulla Rai si sono espresse solo personalità politiche, oggi parlano i dipendenti, quei dipendenti che a fine mese percepiscono in busta paga tra i 1.000 e i 1.500 euro. È convinzione diffusa che i dipendenti della Rai siano dei privilegiati. Non è così almeno per noi che partecipiamo alla giornata di mobilitazione. Uno sciopero per dire ‘no’ al prelievo di 150 milioni di euro dalle casse aziendali. Come dipendenti siamo convinti che sottrarre una somma così importante dal bilancio in corso non contribuisca ad eliminare gli sprechi e le inefficienze che pure esistono e che abbiamo sempre denunciato”. (ANSA, 11 giugno 2014)