“La tv pubblica si salverà solo diventando trasgressiva”, dice l’ex dg Rai Claudio Cappon

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“Oggi l’idea di servizio pubblico è in discussione in tutta Europa”, quindi “anche il taglio di 150 milioni di euro imposti dal governo alla Rai può essere il catalizzatore per riaprire in Italia un grande dibattito sul futuro dell’azienda, coinvolgendo magari la società civile”. Lo dice in un’intervista a Repubblica Claudio Cappon, ex direttore generale della Rai e oggi vice presidente dell’Ebu, associazione delle tv pubbliche europee.

“Penso che la radiotelevisione pubblica abbia tuttora un’utilità importante, a cominciare proprio dall’informazione: quella della tv commerciale è un’informazione mitologica, fatta di vecchi stereotipi nazionalistici e di cliché”, dice Cappon. “Le televisioni pubbliche devono investire di più dove le altre investono di meno. Non penso a un’informazione istituzionale, ufficiale, paludata. Ma piuttosto a un’informazione non convenzionale né tranquillizzante, scomoda, in un certo senso trasgressiva, che garantisca l’accesso critico alla diversità su temi che non necessariamente attraggono audience. E questo, ovviamente, costa”.

A proposito dei condizionamenti della politica sulla Rai, Cappon sostiene che essi “sono minori di quanto si pensi. E peraltro esistono in tutti i Paesi europei. Qui conta l’indipendenza delle persone, la schiena dritta dei direttori e dei giornalisti”. Secondo Cappon è opportuno comunque separare l’organo di vertice, rappresentativo della società civile e anche del Parlamento, da quello di gestione che dev’essere il più professionale e autonomo possibile. “Il modello è il Trust della Bbc”, dice l’ex dg Rai.

L’intervista integrale è su Repubblica del 16 giugno 2014.

Claudio Cappon (foto Olycom)
Claudio Cappon (foto Olycom)