L’Italia e’ ancora in ritardo in termini di sviluppo digitale rispetto alla media dell’Unione, insieme a Polonia, Croazia, Grecia, Bulgaria e Romania. Lo rende noto la Commissione europea, che ha pubblicato i risultati dell’indice di digitalizzazione dell’economia e della società (DESI) del 2017, uno strumento che illustra la prestazione dei 28 Stati membri in una varietà di settori che vanno dalla connettività e le competenze digitali alla digitalizzazione delle imprese e dei servizi pubblici.
Nel 2017, l’Italia è ferma al 25esimo posto nella classifica europea, come nel 2016. Anche se, continua Bruxelles, per quanto riguarda l’utilizzo delle tecnologie digitali da parte delle imprese e l’erogazione di servizi pubblici online, l’Italia si avvicina alla media. Rispetto all’anno scorso, infatti, ha fatto progressi in materia di connettività, in particolare grazie al miglioramento dell’accesso alle reti Nga. Tuttavia, gli scarsi risultati in termini di competenze digitali rischiano di frenare l’ulteriore sviluppo dell’economia e della società digitali.
I passi del nostro Paese si inseriscono in un quadro di generale miglioramento compiuto dai vari stati membri dell’Ue, con progressi per le prestazioni digitali di 3 punti percentuali rispetto all’anno scorso. Ma lo sviluppo potrebbero essere più rapido e, in ogni caso, la situazione varia da una nazione all’altra. Danimarca, Finlandia, Svezia e Paesi Bassi rimangono in testa alla classifica dell’indice di quest’anno, seguiti da Lussemburgo, Belgio, Regno Unito, Irlanda, Estonia e Austria.
I 3 paesi più digitalizzati dell’Ue sono anche in testa alla classifica mondiale, superando la Corea del Sud, il Giappone e gli Stati Uniti. Slovacchia e Slovenia sono i paesi dell’Ue che hanno registrato i maggiori progressi.
“L’Europa sta gradualmente diventando più digitale ma molti Paesi devono rafforzare i loro sforzi”, ha commentato il vicepresidente della Commissione responsabile del Digitale, Andrus Ansip. “Tutti gli Stati membri devono investire di più per beneficiare appieno del mercato unico digitale. Non vogliamo un’Europa digitale a due velocita’. Dobbiamo lavorare insieme per rendere l’Ue un leader digitale mondiale”, ha spiegato ancora.
Sulla base dei risultati del Desi 2017, la Commissione presentera’ in maggio la revisione di mezzo percorso della strategia sul Mercato Unico Digitale per identificare quali proposte legislative dovranno essere presentate per affrontare le sfide future.
“Nei prossimi mesi, con gli interventi previsti già oggi e non ancora rilevati dal Desi, l’Italia è destinata a scalare la classifica internazionale: con una metafora calcistica direi che siamo in zona Europa League ma arriveremo in zona Champion”, il commento del sottosegretario allo Sviluppo Economico, Antonello Giacomelli. “La direzione intrapresa è quella giusta”, ha spiegato. “la crescita italiana sugli indici relativi alla connettività è sostenuta e superiore a quella della media europea. Tuttavia, la classifica Desi 2017 non tiene conto degli interventi nelle aree a fallimento di mercato che scattano a partire da quest’anno ma soprattutto, essendo un indice solo percentuale, non coglie due elementi che caratterizzano lo sviluppo della banda ultralarga nel nostro paese. Il piano Banda ultralarga, da un lato, consente di avere una rete di proprietà pubblica nelle aree a fallimento di mercato che cha come obiettivo di raggiungere con la fibra ogni cittadino e impresa; dall’altro ha accelerato la competizione infrastrutturale tra privati”, ha concluso.
Ecco la situazione italiana, punto per punto:
– CONNETTIVITA’: “L’Italia – si legge nel report – ha compiuto progressi significativi grazie soprattutto al forte aumento della copertura delle reti Nga”, cioe’ quelle in fibra ottica con una velocita’ di almeno 30 Mbps. Tuttavia “la diffusione della banda larga fissa e’ ancora bassa, nonostante i prezzi siano diminuiti”. In sostanza, i costi e la copertura tengono il passo degli altri Paesi. Ma l’Italia paga ancora un numero esiguo di sottoscrizioni: la banda larga copre il 12% degli abbonamenti, contro il 37% della media Ue. Guardando al bicchiere mezzo pieno, nel 2015 il dato era fermo al 5%. La connettivita’ italiana e’ ancora in ritardo (in 24esima posizione su 28) ma ha ridotto la distanza con chi la precede.
– CAPITALE UMANO: “Sempre piu’ persone sono online, ma le competenze restano basse in tutti gli indicatori”, sottolinea il Desi. Il 67% degli italiani accede a internet. Il dato è in crescita rispetto allo scorso anno, ma ancora lontano dalle media europea (79%). Latitano le competenze digitali elementari, ancora pochi sono gli specialisti Ict e i laureati nelle discipline scientifiche (14 individui su mille contro i 19 della media Ue). Il punteggio italiano in questa sezione e’ rimasto immobile: 0,40. Si e’ quindi allargato il divario con il resto d’Europa (che invece avanza).
– USO DI INTERNET: La ridotta base di utenti pesa sulle “attivita’ effettuate dagli internauti italiani, di molto inferiori alla media dell’Ue”. In questa sezione, il Paese raggiunge il suo punto piu’ basso: e’ 27esimo su 28. Il resto d’Europa viaggia a ritmo piu’ sostenuto, perche’ gli italiani si confermano in ritardo sull’utilizzo di e-commerce (il 42% degli utenti ha fatto shopping online negli ultimi 3 mesi contro il 66% europeo), internet banking (42% contro 59%), video on demand (15% contro 21%), informazione (60% contro 70%) e social network (60% contro 63%). L’unica voce in linea con il resto del continente e’ la fruizione di musica, video e giochi online (79% contro 78%).
– DIGITALIZZAZIONE DELLE IMPRESE: “L’Italia sta colmando il divario con l’Ue per quanto riguarda la digitalizzazione delle imprese”. Spicca il 30% delle aziende che utilizza la fatturazione elettronica, percentuale di molto superiore alla media (18%). Le aziende comunicano sempre di piu’ attraverso i social media, ma le Pmi ricorrono ai canali di vendita elettronici solo nel 7% dei casi, poco rispetto al dato europeo (17%).
– SERVIZI PUBBLICI DIGITALI – “L’Italia registra buoni risultati per quanto riguarda l’erogazione online dei servizi pubblici e gli open data, ma presenta uno dei livelli piu? bassi di utilizzo dei servizi di e-government”. Solo il 16% degli utenti entra in contatto con la pubblica amministrazione tramite piattaforme digitali. Una percentuale dimezzata rispetto alla media europea e addirittura in calo rispetto al 2015 (quando era al 18%). L’Italia scivola cosi’ dal 17esimo al 21esimo posto e amplia il distacco dalla media europea, passato da 0,05 a 0,11 punti.