Rubriche – Lettera da Londra. Product placement, ossigeno per la pubblicità televisiva
Da ‘Prima comunicazione’, numero 380, Gennaio 2008
Fervono i lavori sul mercato televisivo britannico per mettere a punto, in tempi brevi, la macchina commerciale che sfrutterà le aperture sul product placement in tivù fatte dalla nuova direttiva comunitaria in materia audiovisiva. Ogni Paese membro potrà dotarsi di un regolamento che, entro certi limiti, consentirà un uso del product placement, la cui pratica, peraltro, è già diffusissima anche se ‘clandestina’ e, in un certo senso, quasi tollerata. La stessa Bbc, che non può raccogliere pubblicità , ne fa un uso libero e a volte ritenuto un po’ spregiudicato o poco compatibile con le proprie finalità di servizio pubblico.
Le televisioni britanniche, che guardano sempre più ai modelli statunitensi e sempre meno a quelli dell’Europa continentale, erano pronte da tempo a fare il salto verso la nuova fase delle inserzioni commerciali televisive. Si tratta di una fase di forte innovazione concettuale che dovrà superare quella ‘tradizionale’ degli spot tabellari e delle sponsorizzazioni ‘vecchia maniera’, soluzioni troppo rigide e pensate per un ascolto televisivo basato su un’attenzione statica che è ormai tramontata.
È chiaro a tutti che la frontiera della pubblicità televisiva è fatta di product placement, più o meno pronunciato o più o meno invasivo o addirittura posto alla base della stessa ideazione e produzione del programma. La nuova frontiera è fatta di sponsorizzazioni ‘embedded’, di pubblicità virtuale e di altre forme anche mutuate da Internet come, ad esempio, la pubblicità in sovraimpressione o overlayer.
In Gran Bretagna aumenta fortemente il numero delle famiglie che usano sistemi di personal video recorder (pvr) e che dunque vedono di fatto la tivù pre-registrata e possono ‘skippare’ la pubblicità perché praticano un consumo non lineare dei programmi. Aumenta anche lo zapping compulsivo fra i trenta e più canali che sono trasmessi in modalità gratuita sulla piattaforma digitale terrestre. Gli operatori televisivi si sforzano di sincronizzare i break fra i diversi canali per evitare che si consolidi e si sviluppi l’abitudine di fare zapping al momento dell’intervallo pubblicitario. Ma il pubblico, poi, al momento del break consulta le epg (electronic programmes guides), le guide elettroniche ai programmi, e sfugge lo stesso agli spot. Insomma, scappa via dalla pubblicità . C’è poco da fare: l’attenzione verso i break commerciali ‘tradizionali’ tende a decrescere: si impoverisce, si frammenta, viene finanche attratta dai telefoni mobili usati nelle pause pubblicitarie per verificare le e-mail o gli sms. Quando i telefoni cellulari offriranno il collegamento a Internet always-on, cioè sempre attivo, la vita sul divano, davanti al piccolo schermo, sarà sempre più nevrotica e il break pubblicitario sempre più povero di attenzione.
A proposito dell’uso dei cellulari, i broadcaster britannici sono stati duramente colpiti prima da proteste e poi da multe per un uso spregiudicato di numeri ‘premium’ utilizzati durante le trasmissioni e che i telespettatori hanno chiamato senza essere a conoscenza delle tariffe elevate che avrebbero pagato. Finanche Bbc è stata oggetto di indagine e Channel 4 ha ricevuto una multa di circa 2 milioni di euro per un uso poco accorto di numeri telefonici promossi durante i suoi programmi.
Telefoni a parte, i ricavi pubblicitari sono destinati ad assottigliarsi o a stagnare e non c’è nessuna soluzione se non quella di una visibilità dei prodotti e delle marche direttamente nel corpo vivo dei programmi: embedded, appunto. Ofcom due anni fa aveva prodotto una stima del valore che avrebbe potuto assumere il product placement sul mercato televisivo britannico: si trattava di 35 milioni di sterline (circa 47 milioni di euro) ma altre stime più recenti hanno prodotto cifre molto più elevate. Si tratta di valori ridotti, ma sicuramente è una boccata di ossigeno per un mercato come quello della pubblicità televisiva che se pur di grandi dimensioni cresce a tassi ridottissimi o nulli.
Rimane il dubbio che una pubblicità televisiva più intrusiva possa spingere ancora di più il pubblico verso le forme di consumo audiovisivo non lineare (on demand) che può ormai essere praticato via tivù o anche via Internet. Ma non c’è da crederci, perché anche le offerte di film o programmi da vedere a richiesta o da scaricare via Internet sono sempre più accompagnate da sponsorizzazioni o da spot pubblicitari. Le offerte on demand supportate dalla pubblicità sono state lanciate da LoveFilm che permette di noleggiare dvd on line e permette anche il download gratuito finanziato da sponsorizzazioni. Offerte di questo genere saranno lanciate anche dalla British Telecom (l’operatore ex monopolista di telecomunicazioni) che con il suo servizio Bt Vision insegue il sogno di diventare un importante player sul mercato televisivo. Non solo, ma Bt punta anche a giocare un ruolo sul mercato dei contenuti da scaricare via Internet. L’incumbent britannico, infatti, sta per lanciare una nuova offerta all’interno di Bt Vision Download Store, si tratta di una offerta che permetterà ai propri clienti di scaricare gratuitamente film accompagnati da inserzioni pubblicitarie. Il nuovo servizio, che sarà disponibile per tre mesi in prova, si basa su una tecnologia che permette di inserire annunci pubblicitari mirati all’interno del flusso video. Il software, infatti, seleziona dinamicamente gli spot in relazione al momento della giornata e alle caratteristiche demografiche dell’utente, fornite da questo in modo anonimo prima del download. Gli utenti non possono saltare gli annunci pubblicitari durante la visione, grazie a un sistema che disabilita la funzione di fast-forward per tutta la durata dell’annuncio. È infatti questa una soluzione che sembra attirare anche i broadcaster che guardano con fastidio alla diffusione dei Pvr: eliminare la possibilità che il pubblico salti la pubblicità , oppure, grazie al product placement, inserire la pubblicità direttamente nel prodotto e non nei break.