‘Prima Comunicazione’, numero 346, Dicembre 2004 – La nuova agenzia giornalistica internazionale dell’Ansa è composta da una decina di giornalisti tra cui un iracheno (Mahmud Aldilaimi in Italia dal 1973, già caporedattore al tg di TvArab Radio and Tv e responsabile dell’ufficio stampa all’Ambasciata del Qatar di Roma), un inglese e un egiziano. Il notiziario di AnsaMed – per ora in italiano e in inglese ma presto anche in arabo – richiede competenze professionali e linguistiche non proprio di facile reperimento sul mercato interno. Che l’Ansa abbia puntato molto su questa nuova agenzia (“che non è una succursale di Via della Dataria”, sede storica dell’Ansa, ripetono tutti i dirigenti giornalistici e amministrativi) è cosa evidente: “Si tratta di un progetto di carattere internazionale che copre uno spazio informativo vuoto, quello appunto del Mediterraneo dove il nostro Paese può occupare un posto significativo”, spiega il direttore responsabile Pierluigi Magnaschi. L’Italia, in effetti, oltre ad avere un ovvio vantaggio geofisico rispetto ad altri Paesi, non deve ripulirsi da grandi macchie di storia colonialista e quel poco di cui è stata responsabile è percepito – a differenza di quanto accade per Francia e Inghilterra – come debole e in fondo amichevole. Per area mediterranea – è bene dirlo subito – si intende una zona molto più larga di quella classica e va dai Paesi che si affacciano appunto sul bacino mediterraneo fino all’Iraq, dai Balcani al Golfo. “La riflessione che ci ha portati a costruire AnsaMed”, precisa Magnaschi, “parte da due punti: poco sappiamo di quel che succede in molti Paesi che pure ci sono dirimpettai, e poco sanno reciprocamente quegli stessi Paesi che spesso confinano tra loro. AnsaMed è chiamata allora a svolgere una doppia funzione: una interna, mettendo i Paesi in contatto l’uno con l’altro; l’altra esterna, qualificandosi come ‘cruscotto’ dove i grandi network possono leggere con precisione i dati di una realtà che fino a oggi è parsa sfuggente e di difficile decifrazione”.
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Nella foto, Pierluigi Magnaschi