Personaggi – Luigi Zanda. Un sardo di classe
Quando, il 20 novembre 2002, Luigi Zanda, dopo un anno di scontri verbali e scritti (ha lasciato agli atti più di 70 lettere) con il presidente della Rai, Antonio Baldassarre, e il direttore generale, Agostino Saccà , decise di lasciare il consiglio di amministrazione di Viale Mazzini, dove era stato nominato in quota Margherita, il commento sprezzante di Umberto Bossi fu: “Finalmente si è dimesso un democristiano”, dimostrando di non avere capito con chi aveva a che fare. Ma pochi mesi dopo i senatori della Casa delle libertà hanno potuto saggiare da vicino il carattere e lo stile dell’ex consigliere Rai, approdato a Palazzo Madama nel giugno 2003 eletto per la Margherita nel collegio dei Castelli romani. Con l’imprinting del sardo di classe, come Cossiga, Segni e Berlinguer, Zanda è abituato agli ambienti istituzionali per le amicizie di famiglia, per il lavoro del padre (che negli anni Sessanta è stato a capo della polizia) e per il suo tragitto professionale. Arrivato in Senato, Zanda non perde un minuto per orientarsi e attacca come un rullo compressore a occuparsi della legge Gasparri e di tutti i temi che hanno a che fare con la libertà d’informazione, e con “lo strapotere di Berlusconi nel settore dei media” con particolare attenzione alla Rai. “La cui situazione rispetto ai tempi del consiglio di amministrazione di Baldassarre è addirittura peggiorata”, dice preoccupato, aggiungendo che “se non si fa nulla, la televisione pubblica diventerà sempre più serva della politica e subalterna al modello Mediaset”. Zanda è convinto che “il centrosinistra debba far sentire al Paese la sua voce sul futuro della Rai, che non può essere quello previsto dalla Gasparri. E debba presentare una proposta di riforma unitaria”.
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Nella foto, Luigi Zanda