Opinioni – Massimo Teodori. Pansa ci manda una boccata d’aria fresca
In tempi di opachi manicheismi, di cacce alle spektre e di riesumazioni di pidue cadaveriche, Giampaolo Pansa ci manda una boccata d’aria fresca che riconcilia con il giornalismo di rigore. Con tanto più merito in quanto l’opinionista dell’Espresso scrive e riscrive con buon senso parole di verità indirizzate alla ‘sua’ sinistra sollevando dubbi elementari sul vespaio maleodorante dell’affaire Telekom Serbia e sui suoi dintorni politici, affaristici e giornalistici. “Per favore aiutateci a sapere la verità “, è il grido di dolore di Pansa rivolto a quanti hanno avuto responsabilità al tempo del colossale bidone rifilato dai serbi di Milosevic alla Stet e alle autorità pubbliche che in Italia si sono interessate o avrebbero dovuto interessarsi alla questione: Guido Rossi, Tommaso Tommasi di Vignano, Mario Draghi, Umberto Vattani, Enrico Micheli, quindi Romano Prodi, allora presidente del Consiglio, Lamberto Dini, ministro degli Esteri, e Piero Fassino, sottosegretario. Ed è soprattutto ai leader dell’Ulivo che il giornalista si rivolge notando come “hanno aspettato mesi prima di replicare. In più, quando si sono decisi a farlo, hanno dato la fondata impressione di fuggire tutti da quell’affare” (L’Espresso, 18 settembre).
Non contento del generico ammonimento, Pansa si rivolge direttamente al segretario dei Democratici di sinistra con un esplicito “Coraggio Fassino, dicci qualcosa”: il suo comportamento gli appare ambiguo, reticente e ondeggiante. Non riesce a comprendere come un esponente politico di così primo piano dapprima faccia lo gnorri, si rifiuti perfino di rilasciare un’intervista a un giornalista amico che cerca di saperne di più direttamente dalla fonte, e poi se ne esce a sorpresa gridando all’indirizzo di Berlusconi che “Il burattinaio sta a Palazzo Chigi” dando l’impressione, al contrario, di conoscere bene i retroscena. Quel che ci è piaciuto degli incalzanti ‘bestiari’ dell’Espresso, in una storiaccia che ha scatenato le peggiori pulsioni nell’opposizione di centrosinistra e nella maggioranza di centrodestra all’interno della commissione d’inchiesta parlamentare, è che Pansa ha tenuta ben ferma la trebisonda procedendo come un trapano che non si arresta di fronte al muro di gomma dei silenzi e delle reticenze. Sarebbe stato facile per un osservatore simpatizzante della sinistra aggrapparsi alle sconclusionate operazioni della maggioranza di centrodestra che ha puntato su gaglioffi come il ‘conte’ Igor Marini e si è fidata di una corte di faccendieri, mascalzoni e simili per tenere “il guinzaglio lungo sul collo dell’Ulivo”, vale a dire per mettere sotto scacco l’avversario politico e dare un colpo al cerchio e uno alla botte sì da pareggiare i conti. Al contrario l’opinionista ha continuato a sostenere la tesi che tutte le persone ragionevoli di qualsiasi parte dovrebbero avere cara. Il fatto cioè che sarebbe ora che i due schieramenti – i berlusconiani e gli antiberlusconiani – la smettessero di combattersi a forza di dossier e di scheletri negli armadi, come è avvenuto finora e come è stato nel lungo tramonto della prima repubblica, e invece riprendessero a confrontarsi sulle cose più serie, sulle soluzioni da dare alla crisi italiana. Per questo l’inchiesta su Telekom Serbia dovrebbe andare avanti uscendo dalle secche in cui si è cacciata dando il proscenio a personaggi del sottobosco: “La commissione concluderebbe i lavori presto e bene. I veleni che ammorbano il clima politico italiano si potrebbero dissolvere. I due blocchi riprenderebbero a darsi battaglia sui problemi veri del Paese: il carovita, le pensioni, la riforma costituzionale e via enumerando” (L’Espresso, 25 settembre).
(m.teodori@agora.it)