Dopo gli spot, l’offensiva epistolare. Sky Italia, dopo il breve armistizio delle feste natalizie, si rimette l’elmetto e riprende la battaglia contro l’aumento dell’Iva dal 10 al 20% con una lettera inviata a tutti i parlamentari e firmata dall’amministratore delegato Tom Mockridge. A parlamentari e senatori impegnati nel voto sul decreto anticrisi – quello che contiene il contestato aumento dell’Iva – Mockridge ricorda come la Commissione europea non avesse chiesto l’aumento dell’imposta ma il suo allineamento fra tutte le piattaforme della tivù a pagamento. Un allineamento sull’aliquota Iva ridotta del 10% e non del 20%. “Nella lettera inviata l’11 aprile 2008 dalla Commissione europea al governo italiano”, scrive Mockridge, “si legge infatti: ‘La Commissione è del parere che le trasmissioni via etere in digitale terrestre (Dvb-T) debbano essere soggette a un’aliquota Iva ridotta, identica a quella applicata alle stesse trasmissioni trasmesse utilizzando le piattaforme tecniche cavo (Dvb-C) e satellite (Dvb-S)'”.
Sky Italia stima che l’aggravio dell’Iva peserà per una cifra fra i 210 e i 250 milioni di euro l’anno e, soprattutto, teme l’impatto dell’aumento sui nuovi potenziali abbonati. I ritocchi dei prezzi pari all’aumento dell’Iva per i vecchi abbonati sono già in corso mentre l’azienda è stata costretta a rivedere tutta la strategia commerciale verso i nuovi abbonati alla luce dell’aggravio fiscale. In forse, anche, il raggiungimento dei 5 milioni di abbonati, dai 4,7 attuali, entro la fine del 2009.(…)