A fine carriera – lo dice lui – ha voluto togliersi lo sfizio di mettere in piedi il giornale impossibile: senza padroni, senza finanziamenti pubblici e libero di menare fendenti a destra e a manca: “Ovvero libero di fare solo e soltanto giornalismo”. Il tempo dirà se la scommessa di Antonio Padellaro avrà fiato, gambe e lettori. Però l’esordio del Fatto Quotidiano promette bene: circa 30mila abbonamenti raccolti e pagati ancor prima dell’uscita in edicola, programmata per il 23 settembre. Il vascello corsaro che Padellaro – romano, 63 anni – ha montato in un anno coinvolgendo Marco Travaglio, Peter Gomez e un manipolo di firme insofferenti alle briglie dei giornali dove lavoravano, è l’ultimo capitolo professionale di una storia iniziata negli anni Sessanta, quando il giovanissimo Antonio viene spedito dal padre alla redazione dell’Ansa, raccomandato a Sergio Lepri per toglierlo dagli ozi post liceali. “Ero un perdigiorno che amava moltissimo la musica, per mio padre ero un incubo”, ricorda. All’Ansa Padellaro entra nel ’67, diventa professionista nel ’68 e rimane fino al ’71 quando viene chiamato al Corriere della Sera. Al Corriere segue politica e cronaca parlamentare, diventa inviato, conquista la delicatissima poltrona di capo della redazione romana.
(La versione integrale dell’articolo è sul mensile Prima Comunicazione n. 398, Settembre 2009)