Sì, io mi ricordo
Ricordo Chance il giardiniere
Ricordo che quella mattina l’illustre Editore era veramente fuori di sé dopo la furibonda telefonata del ministro. “Ma direttore”, urlò, dopo averlo convocato nel suo ufficio, “che mi combina? Lei è decisamente fuori di testa!”. E il signor direttore, pigolando: “Illustrissimo Editore, pensavo che proprio per questo mi avesse scelto”
Ricordo la faccia di Federico Bugno, grande inviato dell’Espresso, appena uscito dalla stanza dell’allora direttore Giovanni Valentini che in uno dei suoi soliti scatti di rabbia gli aveva tirato addosso la tastiera del computer. Il povero Federico non riusciva a capacitarsene
Ricordo che quando la vita fa le giravolte, cento verità non bastano a salvarci, ma un solo errore può perderci del tutto
Ricordo che la moglie del signor direttore, urtata e con i nervi a fior di pelle, continuava a ripetere al marito appena rientrato dal giornale: “Per favore, non piangere davanti ai bambini, vedrai che alla fine tutto si accomoderà “
Ricordo Fabrizio De Andrè che ricorda Luigi Tenco: “Quando attraverserà / l’ultimo vecchio ponte / ai suicidi dirà / baciandoli alla fronte / venite in paradiso / là dove vado anch’io / perché non c’è l’inferno / nel regno del buon Dio”
Ricordo che quella collega era davvero cool ma non nel senso che intendeva lei
Ricordo, e lo ricordo molto personalmente, che per quanti anni tu possa restare lontano dalla Sicilia, a un certo punto della vita l’isola ti richiama sempre, e lo fa senza arroganza o prepotenza, ma semplicemente, come fosse un suo diritto acquisito
Ricordo che un giorno di primavera il signor direttore se ne uscì in riunione con un formidabile ruggito: “Riprendiamoci la centralità della notizia!”. Lo sconcerto superò ogni ragionevole aspettativa
Ricordo Bucefalo, Babieca e Ronzinante, e propendo decisamente per quest’ultimo
Ricordo i nomi dei componenti la micidiale ‘tripletta’ della chemioterapia: cisplatino, taxolo, gemcitabina. Il primo era il più carogna di tutti. Nei giorni seguenti non ti perdonava mai
Ricordo Carlo Rossella come uno degli uomini più piacevoli da ricordare tra i mille che ho conosciuto
Ricordo quella sera che a Urbino, nel nostro primo viaggio d’amore, io e Barbara eravamo talmente ubriachi che sbattevamo da un muro all’altro della piccola strada medioevale che portava all’albergo
Ricordo che solo in un’azienda come la Rai una donna intelligente e colta come Lorenza Foschini, autrice tra l’altro del delizioso ‘Il cappotto di Proust’, può essere confinata in un ufficio senza futuro e senza speranza e restarci dimenticata per anni
Ricordo che quando Walter Veltroni mi nominò nel consiglio di amministrazione della Festa del cinema, se ne lamentò Miriam Mafai: “Ma ha lavorato per Berlusconi!”, fu il suo commento scandalizzato. Ricordo di aver pensato, forse a torto e con una certa presunzione, che è anche per particolari come questo che la sinistra difficilmente riesce a vincere nel nostro Paese, dove perfino le persone più intelligenti invecchiano così male
Ricordo il fox trot Piccadilly: “Piccadilly, Piccadilly / Paradiso d’illusion / Quei begli occhi son zampilli / di maliarda seduzion…”
Ricordo Pablo Neruda: “Chi non conosce il bosco cileno, non conosce questo pianeta. Da quelle terre, da quel fango, da quel silenzio, io sono uscito a cantare per il mondo”
Ricordo la spiaggia dorata del Sabaki a Malindi, e campassi altre mille e una vita non riuscirei a dimenticarla
Ricordo a tutte le giovani e meno giovani ragazze che hanno trasformato le loro labbra in copertoni Pirelli, che non devono pentirsene, anche se il loro aspetto è ormai devastato per sempre. In fondo non hanno fatto altro che accorciare la catena umana di una dozzina di anelli, sempre più vicine allo scimpanzé donna originario
Ricordo Hal in ‘2001, Odissea nello spazio’: “… Ma cosa hai intenzione di fare David? So che ultimamente ho preso delle decisioni assai discutibili, ma posso darti la più completa assicurazione che il mio lavoro tornerà a essere normale, David. Fermati, ti prego. Fermati, David. Vuoi fermarti, David?”
Ricordo gli occhi da zingara di Lucia e il viola intenso dei campi di lavanda della Provenza, un autunno di molti e molti anni fa
Ricordo il colore della moquette al primo piano del palazzo Niemeyer a Segrate
Ricordo il sapore dei chicchi secchi di zibibbo
Ricordo che noi ragazzi di Palermo chiamavamo il cocomero ‘mellone’ e le prostitute ‘buttane’
Ricordo che con Giuseppe Ayala, in estati remote sul molo di Mondello, di solito dopo le due di notte, si mangiava mellone e poi facevamo a gara a chi urinava più lontano nel mare
Ricordo che certi pomeriggi di giugno, con il sole lungo che non vuole decidersi a tramontare, il colore della buganvillea sul mio terrazzo romano bastava da solo a farmi decidere di non arrendersi alla morte
Ricordo il verso di Eliot: “Via, via, via, disse l’uccello: il genere umano non può sopportare troppa realtà “
Ricordo la felicità tranquilla di tutte le città di mare
Sì, io mi ricordo
La versione integrale dell’articolo è sul mensile Prima Comunicazione n. 398 – settembre 2009