GIORNALISTI: BUTTURINI, LETTERA APERTA A CPO FNSI E ASR
(ASCA) – Roma, 28 set – Una lettera ‘aperta’ e’ stata inviate alle commissioni pari opportunita’ della Fnsi e dell’Asr, da Paolo Butturini, segretario Associazione Stampa Romana in difesa del ruolo del giornalista, in base ai principi conetenuti nella ‘Carta dei Doveri, al di la’ di ogni forma di discriminazione legata all’immagine, o al sesso, all’appartenenza ad una religione, o ad una razza. ”Da qualche mese – scrive Butturini nella lettera – stiamo assistendo a una deriva culturale che rischia di vanificare decenni di conquiste in fatto di rispetto della persona, delle sue convinzioni politiche, religiose e dei suoi comportamenti privati. Che a questa deriva si prestino testate quotidiane, televisive e radiofoniche, ci autorizza anche come categoria, oltreche’ come cittadini di questo Paese, a far sentire la nostra voce. Il bisogno di scrivere questa lettera aperta l’ha suscitato in me un passaggio dell’articolo Dizionario del santorismo tra Gramsci e Celentano di Massimiliano Parente (pagina 2 de Il Giornale del 26 settembre 2009). Gia’ dal catenaccio si capisce il taglio dell’intervento, la’ dove, alludendo alla collega Beatrice Borromeo la si definisce ”fanciulla sexy e di sinistra scovata a Capalbio”. Fin qui si puo’ fare spallucce a un luogo comune cosi’ trito che si commenta da solo. Purtroppo nell’articolo al luogo comune si affianca a una descrizione che suona cosi’: ”Il modello di base e’ una Barbie acqua e sapone che abbia letto solo Uomini e no, di Elio Vittorini. Non credo che le ragazze zero di Santoro esistano realmente, sono ologrammi, software, intelligenze artificiali al contrario. La Borromeo, per esempio, una notte mi pare di essermela scaricata anche sull’iPhone, la mia pero’ diceva ”Ancova, ancova””. Questo modo di insultare una persona, una donna, una collega utilizzando l’armamentario del trivio piu’ volgare, ancorche’ aggiornato con l’allusione alle moderne tecnologie, e’ gravissimo e inaccettabile. In primo luogo perche’ e’ figlio di un polemismo che non entra nel merito dei fatti, ma cerca di denigrare il soggetto senza fermarsi sulla soglia del rispetto che qualsiasi individuo merita. In secondo luogo perche’ alimenta una revival ”machista” per cui le donne, specie se gradevoli d’aspetto, non possono essere anche dotate di cervello e suscitano soltanto pensieri che, come nel caso di Parente, sconfinano nell’onanismo intellettuale. E’ un atteggiamento gia’ applicato, dalla stessa testata, nel caso della supposta omosessualita’ del collega Dino Boffo, ex direttore de L’Avvenire. In quel caso Il Giornale citava un’informativa delle forze dell’ordine (della quale e’ poi stata smentita l’esistenza) parlando del collega come di un ”noto omosessuale gia’ attenzionato dalla Polizia di Stato”. Un linguaggio che sottintende una relazione stretta fra preferenze sessuali e fedina penale. Insomma, gay fa rima con criminale. Badate bene, non mi sogno affatto di chiedere una qualsiasi censura. Resto convinto che ciascuno debba essere libero di esprimere le proprie opinioni, prendendosi la responsabilita’, come nel caso di Parente, di mostrare la poverta’ culturale che le sottende. Cio’ che non credo si possa fare e’ rimanere in silenzio di fronte al dilagare di questo ciarpame culturale, il rischio sarebbe quello di avallarlo. E allora mi rivolgo alle colleghe e ai colleghi della Cpo di Stampa Romana e a quelle/i della Cpo della Fnsi. Credo che all’ordine del giorno della manifestazione del 3 ottobre prossimo, vada aggiunto un punto: l’impegno a denunciare, additandoli e la’ dove ne esistono i presupposti sanzionandoli, tutti quegli interventi, quell’uso di immagini e luoghi comuni che violano uno dei principi fondamentali della nostra Carta dei Doveri che afferma: ”Il giornalista ha il dovere fondamentale di rispettare la persona, la sua dignita’ e il suo diritto alla riservatezza e non discrimina mai nessuno per la sua razza, religione, sesso, condizioni fisiche o mentali, opinioni politiche”.