Apc-Tlc/Indagine su Pompei, Bona e altri trasferita da Roma a Foligno
Gup della Capitale si dichiara incompetente. “Altro stop”
Roma, 3 ott. (Apcom) – Non parte il processo a carico del vecchio gruppo dirigente della Wind. Il giudice dell’udienza preliminare della Capitale si è dichiarato incompetente a decidere e disposto l’invio degli atti dell’inchiesta al gup di Foligno. Il reato, secondo il magistrato romano, sarebbe avvenuto in Umbria e non a Roma, dove aveva sede legale la società di telecomunicazioni. Al centro del procedimento le cosiddette “transazioni tombali” a cui sarebbero stati obbligati diversi agenti della compagnia telefonica. Dopo che nel febbraio scorso il tribunale di Roma aveva rinviato gli atti al pm Mario Dovinola, affinchè modificasse il capo d’imputazione, da violenza privata ad estorsione, è un ulteriore impasse per un chiarimento della vicenda.
Nel fascicolo, risultano iscritti, l’ex amministratore delegato della Wind, Tommaso Pompei, più altri manager, come Fabrizio Bona, Claudio Carrà , Mario Ruggiero e Stefano Azzi. A dare il via agli accertamenti della Guardia di finanza, nel 2005, era stata una denuncia alquanto circostanziata di Giuseppe Burgani, come presidente del Consorzio Piave, in rappresentanza di centinaia di agenzie e società che componevano la rete commerciale di Wind.
Oggetto della questione il presunto mancato pagamento di numerosi contratti da parte dell’azienda e quel che poi ne è seguito.
Una serie di approfondimenti, accompagnati anche a verifiche incrociate tra gli stessi agenti, permise di scoprire come parte dei soldi attesi per il lavoro svolto non venivano versati alle agenzie che avevano stipulato nuovi contratti, ma dirottati verso altre società . L’operazione, secondo le accuse, avrebbe determinato una cospicua perdita per le agenzie coinvolte, e – secondo chi querelò – potrebbe essere servita alla Wind per migliorare i propri bilanci in vista dell’imminente vendita, cosa poi avvenuta con l’acquisto della società da parte di Orascom dell’egiziano Naguib Sawiris.
Di fronte alle proteste degli agenti – secondo l’accusa – la Wind avrebbe imposto una serie di transazioni, obbligandoli di fatto ad accettare una somma di gran lunga inferiore a quella dovuta a titolo di risarcimento. Messi alle strette, e con la prospettiva di restare senza lavoro e di dover licenziare alcune migliaia di dipendenti, gli agenti decisero di dar vita al consorzio Piave.
Sull’intera questione, nella scorsa legislatura, il senatore dell’Udc Maurizio Ronconi aveva presentato diverse interrogazioni parlamentari al ministri dell’Economia e delle Comunicazioni.
In chi ha indagato a Roma, particolare sconcerto ha provocato quanto avvenuto nel corso di un convegno del Consorzio Piave, avvenuto in Puglia, tra il 19 e il 21 settembre del 2004. I dirigenti Wind che parteciparono alla kermesse, secondo il capo d’imputazione, acquisirono i filmati con le persone presenti al congresso, disposero pedinamenti. “Tanto al fine di sottoporre a pressione i partecipanti al consorzio”, scrive il gip Marcella Palmisano, nel decreto di fissazione dell’udienza. Comunque le revoche e disdette, per gli agenti, erano “sfornite di giustificazioni” e azionate “al precipuo scopo intimidatorio e punitivo”.