I toni sono duri come quelli di un dispaccio militare. Da una parte della barricata Silvio Berlusconi che quando parla di loro fa esplicitamente ricorso alla parola ‘nemici’ (suo figlio Pier Silvio dichiara: “Ormai siamo alla guerra”). Solo il buon Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset, cerca di neutralizzare il lessico rubricando la faccenda sotto la voce ‘concorrenza’. Dall’altra il mastodonte News Corporation, la holding editoriale che controlla anche la satellitare Sky Italia di Keith Rupert Murdoch non è da meno. Quando lo scorso anno il governo di centrodestra ha repentinamente aumentato dal 10 al 20% l’Iva che Sky deve pagare, le milizie di Murdoch hanno deciso di piazzare le mine anti uomo deridendo un esecutivo che aveva promesso coram populo l’abbassamento delle tasse e ora obbligava 5 milioni di telespettatori a pagare un balzello assai salato. Altro contendente, la Rai. L’azienda di viale Mazzini ha minacciato di togliere i canali dal satellitare lasciando nuda la piattaforma dalla programmazione della tivù di Stato destinata solo al digitale terrestre. La risposta di Sky è stata repentina e funesta mettendo in commercio una piccola chiavetta digitale che ha fottuto le speranze dei rivali di mettere all’angolo il terzo incomodo. Per il momento si tratta di altro lavoro per i tribunali. Staremo a vedere.
Schermaglie, liti, carte bollate, sfide, tecnologie che avanzano e si impongono. Parole grosse. Il panorama televisivo sembra l’Iraq del dopo Saddam: niente e nessuno che riesca a portare un po’ di pace. Ogni tanto qualche talebano si fa saltare in aria provocando vittime (in questo caso non sempre e non esattamente innocenti). Siamo solo all’inizio, avvertono gli esperti del settore mentre nessuno sa descrivere con onestà e certezza quale sarà lo scenario futuro. Certo è che il tycoon australiano – quello che la stampa mondiale ha soprannominato ‘The Shark’, lo Squalo, non essendo riuscita a trovare un animale più aggressivo e crudele che rendesse l’idea di chi è Murdoch – quando gioca una partita non mette in conto di perderla. E finora la partita italiana – che in termini di investimenti in pubblicità , tra il 2003 e il 2009, è costata a Sky 340 milioni di euro – è ancora ampiamente aperta. Certo, qualche problema ce l’ha anche lui. Se l’obiettivo per il 2009 era di portare a casa più di 5 milioni di abbonati, il management diretto da Tom Mockridge, amministratore delegato di Sky Italia ma anche responsabile di tutte le attività televisive della News Corp in Europa continentale, deve registrare un assestamento su 4,8 milioni. Un numero non proprio da buttar via ma sotto le aspettative. Per consolarsi i dirigenti Sky leggono e rileggono i dati del disastroso switch off del Lazio, quando cioè i cittadini della regione del Centro Italia – simbolicamente e praticamente sede del potere politico nazionale – hanno dovuto passare al digitale terrestre. Un tracollo per Mediaset, Rai e La7 e un successone per Sky che ha registrato un dato da commuovere anche uno come il settantottenne Rupert che ignora da quale parte del corpo escano le lacrime: un temporaneo +56%.
L’articolo integrale è sul mensile ‘Prima Comunicazione’ n. 401 – dicembre 2009