Il taglio alla pubblicità di Sky è solo la punta dell’iceberg, ma c’è molto di più nel decreto su televisione e Internet messo a punto dal vice ministro allo Sviluppo economico con delega alle Comunicazioni,
Paolo Romani. Un congegno di norme che in venti articoli e oltre trenta pagine cambia gli affollamenti pubblicitari, allenta gli obblighi di tutela al cinema e alla fiction, cancella i diritti spettanti ai produttori indipendenti, assoggetta i blog alle regole della televisione e introduce il product placement.
Il 17 dicembre il decreto è stato approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri, dove ritornerà per il suggello definitivo dopo aver acquisito il parere non vincolante delle commissioni Cultura e Trasporti della Camera. L’iter parlamentare doveva essere brevissimo ma i tempi si stanno allungando perché sul decreto si è scatenata la bagarre. Tra le polemiche roventi delle opposizioni sta montando la protesta degli editori dei canali a pagamento, degli autori e dei produttori di cinema e tivù, dei blog e dei grossi provider di Internet per cui le due commissioni competenti hanno deciso di approfondire la materia aprendo un giro di consultazioni con i soggetti interessati.
Era noto che Romani preparava, su delega parlamentare, il provvedimento per recepire la direttiva Ue 65/2007 su Servizi e media audiovisivi e l’Osservatorio diretto da Gabriella Cims, di stanza al ministero, aveva fatto una miriade di audizioni con gli addetti dei media sui temi sensibili della normativa di Bruxelles. Il fatto curioso è come fino all’ultimo minuto il vice ministro sia riuscito a mantenere segreta la sua legge.
L’articolo integrale è sul mensile ‘Prima Comunicazione’ n. 402 – gennaio 2010