Il direttore del ‘Giornale’, sospeso per sei mesi dall’Ordine lombardo dei giornalisti per la campagna che ha portato alle dimissioni di Dino Boffo dall”Avvenire’, spiega come sono andate davvero le cose in questa vicenda e dice come la pensa su giornali, giornalisti e sul rapporto tra informazione e politica.
“Io ero al ‘Giornale’ da pochi giorni, era la fine dell’estate e in giro non c’era niente. Viene da me il condirettore Alessandro Sallusti che mi porta del materiale fornito da una personalità della Chiesa e da cui risulta che Boffo era stato condannato per molestie. Per prima cosa gli ho detto di verificare la notizia e così i controlli sono partiti. Alle diciotto della sera mi hanno detto: ‘È tutto a posto’. A quel punto ho deciso di pubblicare la notizia e di dargli un taglio politico per via del fatto che l”Avvenire’ si era espresso contro le cattive abitudini sessuali di Berlusconi. Quel che avevamo in testa era una polemica giornalistica”, racconta Feltri.
A chi lo accusa di essersi lasciato prendere la mano dalla politica nel suo mestiere di giornalista, Feltri risponde: “Io cavalco l’attualità e oggi non si può fare un pezzo freddo come si usava un tempo al ‘Corriere’. Non c’è niente da analizzare, tutto è così semplice. Da una parte c’è chi usa il bastone, dall’altra parte c’è chi risponde con il randello e si va avanti così. Non c’è più politica”.
Vittorio Feltri è stato anche sanzionato dall’Ordine per aver fatto scrivere sul ‘Giornale’ Renato Farina, radiato dall’Ordine nel marzo 2007 per aver collaborato con il Sismi. “Lui non fa il giornalista, non è in organico, non partecipa alle riunioni, non ha funzioni propositive. Scrive. E allora? Non capisco perché essendo un giornalista radiato non possa fare quello che fanno altri che non sono giornalisti”, ribatte Feltri.
Feltri smentisce il litigio con gli Angelucci, editori di ‘Libero’, dopo la sua decisione di lasciare la direzione del quotidiano. “Mi hanno detto: ma come? Potevi dircelo prima che magari trattavamo. La realtà è che non volevo trattare perché se trattavo rimanevo, mentre dopo nove anni volevo cambiare”, racconta nell’intervista a ‘Prima’. “Al ‘Giornale’ sono tornato perché era l’offerta più interessante che avevo. Mi rendo conto che in questo momento è difficile aumentare copie perché il mercato dei quotidiani e dei settimanali è fisiologicamente in declino. Noi qui ci siamo presi 33mila copie che equivale a 10 milioni l’anno. Non dico che i 23 milioni di deficit annuali potranno essere interamente ripianati, ma ci si può avvicinare. Se ci dovessi arrivare sarebbe una soddisfazione enorme. Questo è il motivo per cui sono venuto”.
Ma la tentazione di lasciare il giornalismo per buttarsi in politica Feltri l’ha mai avuta? “Me l’hanno offerto”, risponde, “però l’unica tentazione mi è venuta adesso che ho avuto a che fare con l’Ordine. Ho capito che mi volevano fucilare e mi sono detto: se trovo qualcos’altro da fare me ne vado. Il venerdì sera io torno volentieri a Bergamo da mia moglie e dai miei figli, ma il mio terrore è l’acquiescenza. È per questo che cerco di rimanere nel giro dei giornali. Mi andrebbe bene la politica anche se so che alla fine non aprirei bocca”.
L’articolo integrale è sul mensile ‘Prima Comunicazione’ n. 405 – aprile 2010