Dopo le elezioni regionali, il successo multimediale di ‘Raiperunanotte’ di Michele Santoro e di ‘Mentana Condicio’, oltre che ovviamente delle liste internettiane di Beppe Grillo, i partiti tradizionali cercano (un po’ tardivamente) di sfruttare le potenzialità della Rete. Tanto che anche il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi per la prima volta ha deciso di utilizzare Facebook
‘Raiperunanotte’ del 25 marzo può essere considerata la prima trasmissione di controinformazione di massa in Italia grazie all’uso combinato delle tivù satellitari (Sky News), terrestri (Rainews 24) e locali, delle radio e di decine di siti web. Ha ottenuto un risultato straordinario: è stata seguita da almeno 6,3 milioni di italiani. L’audience live – misurata da Human Highway in collaborazione con Banzai – è infatti stata pari a 4,1 milioni di spettatori (+11% rispetto alla puntata media di ‘Annozero’), a cui si sono aggiunti 2,18 milioni di persone nei giorni successivi (audience differita).
Anche Mentana, ‘l’esiliato di Mediaset’, grazie al Corriere della Sera e a Internet è riuscito ad aggirare lo spegnimento dei programmi di approfondimento della Rai e i vincoli della par condicio raggiungendo migliaia di utenti on line. Dal canto suo Beppe Grillo ha conseguito risultati elettorali superiori alle aspettative grazie al suo blog che raggiunge circa 600mila visitatori unici al mese e gode di migliaia di commenti. Insomma: gli uomini della comunicazione di sinistra e della cosiddetta antipolitica hanno cominciato a usare abbastanza bene Internet. Ma i partiti tradizionali di destra, di centro e di sinistra sono invece molto indietro e, a parte poche eccezioni, utilizzano Internet poco e male.
Secondo Vincenzo Cosenza, responsabile della sede romana di Digital Pr (gruppo Hill & Knowlton), l’uso della Rete è quasi sempre episodico e strumentale. “Internet”, spiega Cosenza, “viene utilizzato dai partiti soprattutto durante le elezioni e come un media tradizionale, come una vetrina, senza invece valorizzare le caratteristiche interattive del mezzo e senza dialogare alla pari con i cittadini”. Del resto apparentemente la Rete finora non ha contato molto nella politica italiana: secondo il Censis la televisione è di gran lunga il principale mezzo di informazione ed è utilizzata dal 70% degli italiani per formarsi un’opinione politica; un quarto degli elettori si affida ai giornali, mentre Internet conterebbe solo per il 2,3%. Tuttavia un altro sondaggio, quello di Liquida.it, indica che circa 2,5 milioni di italiani si informano regolarmente sui blog e sui social network.
Il fatto è che il discorso politico in Rete circola in maniera più indiretta che diretta, e molto spesso sotto forma di protesta: vedi il successo di Grillo. I siti di partito non generano traffico e – dati Nielsen alla mano – sono visitati da meno dell’1% degli internauti: sono troppo propagandistici e poco aggiornati. Non che i candidati alle elezioni regionali non abbiano tentato approcci e linguaggi originali. Emma Bonino, candidata alla presidenza della Regione Lazio, ha creato il video Emmatar che riprende il trailer del film ‘Avatar’ per narrare le sue battaglie civili e i suoi progetti. La sua rivale (risultata vincente) Renata Polverini ha replicato utilizzando i trailer di ‘Star Wars’ e ‘Kill Bill’ per illustrare le sue proposte. Roberto Formigoni ha realizzato un sito che permette di scaricare sui telefonini i brani musicali che accompagnano i suoi discorsi. Il presidente della Regione Liguria Claudio Burlando ha utilizzato il suo blog per dialogare con gli astensionisti. Enrico Rossi, neo presidente eletto per la Regione Toscana, ha chiamato il suo elettorato a costruire pezzi del suo programma.
Però in generale il traffico degli internauti interessati alla politica si dirige soprattutto verso Facebook, YouTube, Twitter, verso i giornali on line o i siti web dei nuovi movimenti digitali, come quello ‘viola’ che ha dato origine al No B day contro la politica del premier e che conta decine di migliaia di adesioni. Anche alcuni blog di noti opinion leader, come Marco Travaglio, Alessandro Gilioli e Luca Sofri, attraggono traffico. Tuttavia, almeno finora, in Italia Internet non ha provocato grandi spostamenti elettorali.
“Negli Stati Uniti Barack Obama ha utilizzato la Rete non solo per fare del marketing elettorale ma per creare comunità , organizzare riunioni, mobilitazioni e visite porta a porta. E per raccogliere fondi per centinaia di milioni”, spiega Giovanni Boccia Artieri, docente di new media all’università Carlo Bo di Urbino. “In Italia invece i partiti non fanno nulla di lontanamente paragonabile”. Il problema è che Internet fa molta paura, perché il dibattito politico on line è trasparente e incontrollabile e le critiche si diffondono molto rapidamente. Pier Luigi Bersani, segretario del Pd, finora ha preferito il Festival di Sanremo a Internet. Vedremo quello che riuscirà a fare Berlusconi. Ma la Rete è molto diversa dalla televisione.
Enrico Grazzini
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Il commento di Roberto Marabini, direttore responsabile Lavoratorio.it
Caro Grazzini,
ho letto con estremo interesse il suo articolo pubblicato su Prima Comunicazione del marzo 2010 intitolato “Ma è vero che la pubblicità online costa meno di quella su carta?”
Da ex direttore di giornali cartacei ed attuale direttore e proprietario di sito internet, mi permetto di inviarle alcune mie sintetiche considerazioni in merito allo studio di Martin Lageveld, secondo il quale il cpm su carta sarebbe di 35 euro, contro gli 80 euro di internet.
A proposito dei ricavi del mercato internet in Italia:
– chi li ha mai visti, in Italia, 80 euro cpm sul web?
– i ricavi di un editore che si affida a concessionarie online difficilmente superano i 2 cpm, almeno per quanto riguarda il ricavo complessivo da banner; questa è la mia esperienza personale, ma so di potermi considerare un “fortunato” rispetto ai ricavi dei miei colleghi
– se ai ricavi da banner aggiungo quelli da pubblicità via email (dem) arrivo a sfiorare i 4 cpm complessivi
– certamente, questi sono i miei ricavi al netto dei vari passaggi fra centri media e concessionarie; il prezzo pagato dagli inserzionisti, in definitiva, oscilla fra gli otto ed i venti euro cpm
– ben oltre il meccanismo delle concessionarie online, cito a memoria un articolo pubblicato recentemennte proprio da Prima Comunicazione: una lunga intervista ai responsabili della concessionaria del gruppo Sole24Ore, i quali vantano di potersi permettere un listino che punta ai 60 euro cpm. Si parlava, appunto, di listino: sarebbe curioso sapere quanto le attività online del Sole24Ore riescono a spuntare nella realtà …
– in definitiva, gli 80 euro cpm indicati da Langeveld in Italia appaiono molto più che una chimera, contro una realtà che raramente arriva a superare i 20 euro
Veniamo invece ai costi/ricavi cpm calcolati da Langeveld per la carta stampata:
– anzitutto, spero che negli Stati Uniti i numeri sulle tirature e sulle diffusioni dei giornali siano un pochino più seri e credibili rispetto a quelli indicati in Italia
– sappiamo benissimo quanto questi dati dalle nostre parti siano invece taroccati e taroccabili, magari con la complicità dei cosiddetti enti certificatori
– oltretutto, mi risulta che i listini (ed anche i costi reali) della carta stampata italiana siano decisamente superiori a quelli statunitensi: dovremmo scandalizzarci nel comparare i listini del quotidiano “locale” di Dallas, con le sue centinaia di migliaia di copie, rispetto ai listini di giornali locali o anche nazionali in Italia
In definitiva, sarei davvero lieto se lo studio di Langeveld venisse replicato in Italia, magari (utopia) facendo riferimento ai dati di diffusione reali della carta stampata italiana.
Temo, purtroppo, che la resistenza dei grandi editori cartacei, dei centri media e delle concessionarie tradizionali sia ad oggi ancora insormontabile: non pare abbiano mai avuto intersse a diffondere numeri ed analisi che avessero un minimo riscontro nella realtà . A questa tradizione truffaldina, devo purtroppo accompagnare un’ultima nota: anche le concessionarie online italiane, piuttosto che battagliare in favore dell’emersione dei numeri reali, preferiscono assecondare gli interessi dei centri media. Nessuno osa nemmeno pensare di aggirare l’ostacolo e puntare direttamente ai grandi inserzionisti.
“Che possiamo fare? Sono loro che dettano le regole del mercato…” mi sento rispondere quando cerco di capire le distorsioni del mercato italiano. Ancora una volta, in Italia, anche internet si accontenta dell’uovo oggi, maledetto e subito, piuttosto che mettere le basi per una corretta interpretazione delle dinamiche pubblicitarie. Col risultato che, al momento, Google adsense offre condizioni migliori rispetto a qualunque concessionaria italiana, sia nei ricavi che (soprattutto) nei tempi di pagamento. Poi, qualcuno, ha pure il coraggio di lamentarsi del monopolismo di Google…. Se le concessionarie ci pagassero meglio e puntualmente, Google sarebbe un interlocutore qualunque.
Roberto Marabini
Direttore responsabile Lavoratorio.it