Il mercato tivù fa gola a molti, per non dire tutti, dei grandi operatori multimedia internazionali. Il grande cruccio in particolare dei colossi del web è però quello di non essere ancora riusciti veramente a entrarci.
Non lo hanno fatto né in termini di audience – solo per fare un esempio in Uk l’anno scorso il tempo medio speso davanti alla televisione è aumentato – né in termini di modello di business; chi ha maggiormente sofferto sul mercato pubblicitario è stata infatti la carta stampata molto di più della televisione. Non è detto che questo continui nel tempo, anzi; è però certo che in termini evolutivi il mercato tivù è una, se non ‘la’, grande sfida di sviluppo di business per società come Google, Yahoo! e Apple.
Ma allora in questo contesto cosa rappresenta il progetto Google Tv? Né più né meno che il tentativo, ancora una volta, di Google di porsi tra l’utente e i contenuti così come ha fatto sul web. Porsi come grande aggregatore per poi rivendere il suo traffico (cioè i suoi utenti) agli investitori pubblicitari. L’idea è apparentemente semplice: sviluppare una piattaforma aperta che consenta agli utenti di accedere attraverso il proprio apparecchio televisivo e tramite un’unica interfaccia ai contenuti (soprattutto video) e ai servizi disponibili sul web, integrandoli nella fruizione con quelli prettamente televisivi e con quelli personali degli utenti (in particolare foto e video). Diventare cioè il punto di partenza una volta che accendo la tivù, così come è già spesso il caso quando accendo il pc per navigare in Internet.
L’articolo integrale è sul mensile ‘Prima Comunicazione’ n. 407 giugno 2010