È arcinoto a tutti che a Viale Mazzini sia gelosamente custodito il più sensibile sismografo politico del Paese. Il filo esplicito con il Palazzo è pressoché l’unico canale capace di sollecitare lo spirito di iniziativa dei piani alti della Rai che in base a quello decidono programmi, spostano poltrone, promuovono o puniscono, premiano con lauti riconoscimenti o comminano esecuzioni capitali. Storia vecchia, si dirà , che però non smette mai di stupire.
L’estate convulsa del 2010, travolgendo il Pdl con la scissione finiana e l’ennesima prova muscolosa dei leghisti padani, ha immediatamente avuto energici contraccolpi sulla maggioranza di centrodestra del già traballante Cda, per non parlare delle uscite del direttore generale Mauro Masi che – pur mantenendo una pettinatura impeccabile e i baffi sempre in ordine – molto si è agitato e continua ad agitarsi pur di compiacere il suo editore di riferimento, fedele a due regole di vita sulle quali non è disposto a transigere. Primo: cento colpi di spazzola prima di andare a dormire e, secondo, in Rai non si muove foglia che Berlusconi non voglia.
All’interno di uno scenario dove può accadere che gli alleati diventino repentinamente nemici e gli avversari si trasformino in briosi fiancheggiatori, il centrodestra annaspa ma nessuno verrà sottoposto alla prova dell’etilometro. Se il consigliere Guglielmo Rositani, fedelissimo di Fini, dichiara con cautela diplomatica di “essere equidistante” tanto dal presidente della Camera che da quello del Consiglio, il suo collega Angelo Maria Petroni, nominato dal Tesoro, gioca una partita da battitore libero, spesso in aspra polemica con il direttore generale e con gli altri consiglieri del proprio schieramento.
L’articolo integrale è sul mensile ‘Prima Comunicazione’ n. 409 – Settembre 2010