ANSA/ FACEBOOK: DA BALCONING A PLANKING, MODE ESTREME SUL WEB
FOTO IN POSTI STRANI PER SOCIAL NETWORK,IN AUSTRALIA 1/A VITTIMA
ROMA
(Stefania Passarella). (ANSA) – ROMA, 16 MAG – Ci si fa fotografare sdraiati a faccia in giù nel luogo più inusuale possibile, “meglio” se sospesi o in posti pericolosi, poi si condivide lo scatto su Facebook “sfidando” gli altri internauti all’originalità . E’ il “planking”, una delle ultime mode nate sul web che però in Australia ha fatto la sua prima vittima: Acton Beale, 20 anni, precipitato dal settimo piano dopo essersi disteso, ubriaco, sulla ringhiera di un balcone mentre un amico lo fotografava. Letteralmente “fare da tavola”, il termine “planking” è il modo con cui gli australiani – fra i quali negli ultimi tempi il fenomeno sta particolarmente spopolando (oltre 120mila fan sulla pagina ufficiale di Facebook) – hanno ribattezzato il “lying down game”, la trovata goliardica dello “stare sdraiati” lanciata qualche anno fa da due amici inglesi, Scott Wood e Wayne Pyle, per ‘vivacizzare’ le foto di viaggio. Una volta condivisi i primi scatti su Facebook la diffusione della ‘mania’ fu virale, fino ad assumere dimensioni esponenziali con tanto di punteggi assegnati alle persone distese nelle situazioni più insolite: assi da stiro, sommità di gru, auto, animali e oggi sempre più spesso su tetti, ringhiere di balconi, speroni di roccia, rotaie, strade trafficate. Il gioco finì sulle pagine di cronaca nel settembre 2009, quando in Gran Bretagna sette fra medici e infermieri furono sospesi per aver condiviso su Facebook le loro foto sdraiati su attrezzature ospedaliere. La notizia del ragazzo australiano che ha perso la vita per farsi immortalare sulla ringhiera del balcone richiama i diversi giovani morti per emulare pratiche simili, tutte passate per la potente cassa di risonanza dei social network. Dal “balconing” che impazzava l’estate scorsa soprattutto in Spagna, ovvero il salto da un balcone all’altro o in piscine sottostanti (prevalentemente in hotel e residence) che fece almeno sei morti, al “choking game”, diffuso negli Usa, per il quale si prova a soffocarsi con un sacchetto o facendo una pressione sulla carotide fino ad arrivare al limite tra vita e morte. Anche in questo caso la bravata viene filmata col videofonino e le immagini finiscono su YouTube con diverse decine di migliaia di visualizzazioni. Rischiare la vita per un gioco non è una novità , accadeva anche con i lanci di sassi dal cavalcavia e tuttora con le gare tra auto o moto “truccate”, ma oggi ad amplificare il fenomeno e contribuiscono anche i nuovi media, “pronti più di altri – spiega all’ANSA Mario Morcellini, direttore del dipartimento di Comunicazione dell’Università La Sapienza di Roma – a seguire tutte le turbolenze dello spirito collettivo. La rete è profondamente sintonizzata su questo mondo – aggiunge – perché per definizione è giovane, tende alla trasgressione ed è senza verifica delle fonti”. Fenomeni che, per David Meghnagi, docente della Facoltà di Scienze della Formazione di Roma Tre, “hanno un forte richiamo soprattutto su giovani con disagio psicologico”. Il fattore di rischio, aggiunge Meghnagi, è determinante: “Più è rischioso il gioco, più è alta la posta, tanto più si diventa visibili nella comunità giovanile”. (ANSA).
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