La mia vita digitale
Stare sui social network non è una perdita di tempo, dice Paola Bonomo di Vodafone Italia, a patto che si seguano le giuste linee di condotta. Anche le aziende e i giornali possono trarne vantaggio, come dimostrano due esempi: il Guardian e il Vodafone Lab.
“Il computer è guasto, torni dopo le feste e lo ripariamo”. “Non è possibile! Come faccio a passare le vacanze di Natale senza contattare le mie amiche su Facebook?”. Il dialogo, colto il 24 dicembre in un negozio della provincia novarese – protagonisti un’angosciata signora di mezza età e il commesso del reparto informatica – spiega meglio di mille dati statistici il ruolo che i social network hanno ormai assunto nella vita quotidiana di gran parte della popolazione italiana, quella non tagliata fuori dal ‘digital divide’. Facebook e le altre reti sociali on line stanno cambiando non solo il modo di vivere e di relazionarsi delle persone, ma anche il rapporto tra opinione pubblica e governi (lo si è visto nel caso di Wikileaks), consumatori e aziende, utenti e società di servizi, lettori e giornali. Le istituzioni, le imprese e gli editori devono fare i conti con questi strumenti di relazione e di partecipazione on line che, se usati in modo appropriato, possono essere una risorsa importante, non una minaccia o una perdita di tempo.
Dei social network Paola Bonomo è una forte sostenitrice oltre che un’accanita utilizzatrice. Da ottobre è responsabile on line di Vodafone Italia, un’azienda che ha fatto delle community una chiave di volta della gestione del cliente. In precedenza è stata per più di un anno responsabile on line del Sole 24 Ore, partecipando al ridisegno completo del sito del quotidiano e al lancio delle prime applicazioni per l’iPad. “Un’esperienza molto bella”, dice, “con una squadra desiderosa di innovare, di prendersi dei rischi per fare una svolta rispetto al passato”. Prima ancora, dal 2005 al 2008, è stata direttore marketing di eBay Italia, e ha lavorato all’headquarter di Zurigo della multinazionale dell’e-commerce per organizzare le attività in service dei dieci mercati europei.
Paola Bonomo ha seguito gli esordi del web per così dire in diretta, nella Silicon Valley. “Dopo la laurea in economia e commercio alla Bocconi e due anni di lavoro alla società di consulenza McKinsey, ho avuto la fortuna di fare il master in business administration a Stanford”, racconta. “Era la metà degli anni Novanta, il web stava nascendo e la California era il cuore del nuovo mondo digitale. Diversi miei compagni di master sono diventati imprenditori o venture capitalist di successo, come Steve Jurvetson, che oggi è partner e managing director di Draper Fisher Jurvetson, uno dei fondi più quotati della Silicon Valley; oppure Jeff Skoll, che oggi fa il filantropo e il produttore cinematografico, ma è stato il primo dipendente di eBay, con il fondatore Pierre Omidyar, e il primo presidente della società “.
Il web Paola Bonomo non lo frequenta solo per motivi professionali, ma partecipa personalmente alla conversazione on line: ha due blog, uno in inglese (LivePaola) e uno italiano (Il pianeta Paola); inoltre scrive su Meritocrazia, il blog di Roger Abravanel su Corriere.it. Ha una pagina su Facebook e Linkedin, frequenta FriendFeed e altre community. Per la sua attività sui social network l’anno scorso ha ricevuto un premio internazionale, il Linkedin European Business Award. “Una mia amica ha avuto l’idea di candidarmi come persona che usa le reti sociali, e Linkedin in particolare, in maniera produttiva. C’è stato un voto da parte della community e poi una selezione da parte dei giudici e con mia grande sorpresa ho vinto non solo nella categoria in cui ero stata candidata, cioè ‘Rising Star’, ma anche il Grand Prix”.
Prima – Partecipare alla vita digitale può essere interessante e divertente, ma per un’azienda quali sono i vantaggi?
Paola Bonomo – C’è un esempio, che riguarda il mondo editoriale, a cui penso sempre quando si parla di partecipazione on line o di ‘crowdsourcing’, come si usa dire. Nel 2009 in Inghilterra c’è stato un grosso scandalo sui rimborsi spese gonfiati dei parlamentari inglesi. I giornali – in particolare il Daily Telegraph e il Guardian – si buttarono su questa vicenda che occupò le prime pagine per diverse settimane. Il Telegraph riuscì per primo ad avere una copia integrale della documentazione ufficiale: 500mila pagine con tutte le ricevute delle spese che i parlamentari avevano caricato sulle spalle dei contribuenti. Il quotidiano mise dieci giornalisti in una stanza a spulciare queste 500mila pagine per vedere cosa si trovava di interessante da scrivere.
Prima – Cosa ha fatto invece il Guardian?
P. Bonomo – Il Guardian, che ha uno dei migliori siti di informazione del mondo, ha fatto una cosa diversa: ha caricato tutto il materiale in forma digitale sul sito, in un database organizzato per il crowdsourcing, permettendo così ai lettori di consultare e commentare i documenti. I lettori del Guardian ovviamente sono anche elettori, contribuenti, cittadini interessati a vedere cosa fanno i parlamentari eletti nella loro circoscrizione. È stato un colpo di genio. Più di 27mila lettori del Guardian hanno analizzato e commentato 223mila documenti. Molto più di quanto potessero fare i dieci giornalisti del Daily Telegraph. In questo modo il Guardian è riuscito a tirare fuori storie più dettagliate e interessanti rispetto ai concorrenti. È un esempio tra i più riusciti di crowdsourcing.
Prima – In Italia forse i giornali sono un po’ troppo timidi nell’uso di Internet…
P. Bonomo – Nel nostro Paese manca la materia prima, i documenti che negli Stati Uniti e in Inghilterra sono resi pubblici, in determinate occasioni, in base al ‘Freedom of Information Act’. La voglia di sperimentare c’è anche da noi, ma non si sfruttano appieno le potenzialità del mezzo. Quando un giornale dice “mandateci la foto dei vostri cagnolini e gattini, le pubblicheremo sul sito”, la risposta dei lettori è sempre entusiasta, ma non è questo che ti cambia la vita.
Prima – Forse temono di mettersi nei pasticci lasciando mano libera ai lettori.
P. Bonomo – È chiaro che la community non può essere lasciata a se stessa. Il cittadino non può scrivere tutto quello che vuole sul sito, ci deve sempre essere il filtro di un redattore esperto.
Prima – A Vodafone come sfruttate la potenza del crowdsourcing?
P. Bonomo – Internet per noi è diventato un nuovo canale, in larga misura autogestito, di assistenza ai clienti. Sul Vodafone Lab, la nostra community on line, gli utenti possono trovare una risposta alle loro domande, senza dover stare in coda al telefono per parlare con un operatore del call center (i nostri gestiscono 45 milioni di chiamate all’anno): sono gli altri utenti più esperti che forniscono le risposte.
Prima – Che risultati sta dando il Lab?
P. Bonomo – In dicembre siamo arrivati a 165mila utenti registrati, il doppio rispetto a luglio. Nei forum i ‘labbers’, come li chiamiamo noi, hanno aperto circa 16mila discussioni e mandato oltre 220mila messaggi da quando il Lab è partito, nel 2008. Oltre ai forum degli utenti ci sono i contenuti curati dalla redazione: i blog, una sezione di news sull’elettronica di consumo, l’home e il mobile entertainment, e una sezione video che contiene oltre 700 filmati e che stiamo organizzando in categorie.
Prima – Come vi comportate in caso di critiche o insulti?
P. Bonomo – Abbiamo un approccio molto leggero alla moderazione, nel senso che non vogliamo spazzare le critiche sotto il tappeto. Ovviamente cancelliamo le cose volgari o illegali, ma sono casi molto limitati. Nel tempo la community si evolve e si rende conto che una critica costruttiva è molto più efficace di un insulto gratuito. Dalle critiche spesso ricaviamo spunti per migliorare i nostri prodotti.
Prima – Può fare un esempio?
P. Bonomo – Un esempio è l’applicazione My190, che permette ai clienti di accedere alle informazioni sul proprio conto dallo smartphone. La prima versione per iPhone, lanciata in aprile, è stata criticata sul Lab perché mancava il contatore del traffico dati; l’abbiamo aggiunto nella seconda versione ed è stato un successo: abbiamo visto salire esponenzialmente sia il numero di download sia la valutazione dell’applicazione sull’iTunes Store.
Prima – Vodafone è presente anche sugli altri social network?
P. Bonomo – La nostra pagina su Facebook ha 625mila fan; quella su Twitter 11.500 follower; abbiamo anche un canale video molto frequentato su YouTube; inoltre abbiamo siglato una partnership con Liquida, il principale aggregatore di blog in Italia, per sostenere le nuove forme di comunicazione, l’innovazione e i giovani.
Prima – Molti mettono l’accento sui rischi che si corrono on line, più che sulle opportunità …
P. Bonomo – Questo è un tema su cui bisogna fare molta cultura. Vodafone sta per lanciare un progetto che si chiama ‘Internet per tutti’ e che si propone di suggerire a chi vuole andare sulla Rete – giovane o anziano che sia – le linee guida per comportarsi in modo opportuno, evitando i rischi. I social network sono strumenti; la loro efficacia e bontà dipende dall’uso che se ne fa. Ognuno dovrebbe avere una propria ‘social media policy’.
Prima – Lei che uso fa dei social network? Quali sono le sue linee di condotta?
P. Bonomo – Facebook per me è un ambito privato, nel senso che lo condivido solo con persone che conosco faccia a faccia. Questo vale anche per Linkedin, che è il mio network preferito: tutti i miei contatti, che sono più di mille, li conosco di persona. È la mia regola in tutte le reti sociali in cui la modalità di comunicazione è simmetrica, nel senso che per vedere quello che un altro ha scritto devi necessariamente essere suo ‘amico’ e viceversa. Dove la comunicazione è asimmetrica, come su Twitter o FriendFeed, allora tutti possono essere miei ospiti, anche se non li conosco personalmente.
Prima – A che progetti state lavorando in questo periodo a Vodafone?
P. Bonomo – Stiamo lavorando al rinnovo sia della grafica, sia dell’infrastruttura del portale. È un progetto internazionale in cui l’Italia fa da pilota. Nel corso dell’anno ci doteremo di un content management system più moderno; quello attuale risale infatti a diversi anni fa; e questo permetterà alle persone del mio gruppo di lavorare molto meglio all’aggiornamento del sito.
Prima – Offrite ancora contenuti di tipo editoriale o pensate che questo tipo di approccio sia superato per una società di tlc?
P. Bonomo – È tramontato il ‘walled garden’, il mondo chiuso del portalino in cui l’utente aveva accesso solo al contenuto del proprio operatore. Effettivamente questo approccio è diventato obsoleto negli ultimi anni. Vodafone si è mossa nella direzione di dare al cliente tutto quello che vuole. Non ci proponiamo come produttore di news, ma come partner degli editori che producono le news. Ci sono comunque alcune applicazioni, come Vodafone Calcio, in cui offriamo contenuti agli utenti sotto il nostro brand.
Intervista di Claudio Cazzola