EDITORIA: DOPO PROPUBLICA E SPOT US, ECCO ITALIANA TIMU
INCHIESTE COLLETTIVE CITTADINI, C’E’ ‘CERTIFICAZIONE SOCIALE’
(di Titti Santamato) (ANSA) – ROMA, 1 OTT – L’editoria è in crisi cronica, la spesa si contrae e i contenuti rischiano d’impoverirsi, ma una bella ventata d’aria fresca arriva dai siti di inchieste collettive. Una forma di giornalismo a cui partecipano i cittadini – già sperimentata negli Stati Uniti in maniera diversa da Spot Us e ProPublica, vincitore di diversi Pulitzer – che ora ha una sua piattaforma tutta italiana e tutta nuova. Si chiama ‘Timu’ e mette insieme cittadini, associazioni e comunità che desiderano contribuire all’informazione come se fossero una squadra, un ‘team’, questo il significato della parola timu in swahili. L’iniziativa è di Ahref, la fondazione nata a Trento nel 2010 con lo scopo di fare ricerca sulla qualità dell’informazione nell’epoca del web 2.0. “Timu è aperto a tutti i cittadini che vogliono partecipare a patto che si sposino i principi del progetto che sono accuratezza, imparzialità , indipendenza, legalità . Ma pure alle organizzazioni che vogliono finanziare le inchieste”, spiega Luca De Biase, presidente di ahref, ma anche scrittore, blogger, giornalista (é editorialista di Nova 24, l’inserto dedicato alle tecnologie del Sole 24 Ore). L’obiettivo di ‘Timu’ é, dunque, quello di costruire un metodo condiviso. Se si parte dal principio, infatti, che l’informazione non è più solo il prodotto di un professionista o di una redazione ma diventa anche una pratica diffusa allora serve una procedura codificata e accettata da tutti per produrre informazione di qualità . “Possono partecipare anche i blog mentre le grandi testate sono libere di prendere i contenuti delle inchieste ovviamente citando la fonte”, aggiunge De Biase sottolineando che il progetto non ha fini di lucro, “ci sono già 230 persone che stanno contribuendo ed è partito il pilota di una grande inchiesta sulla dispersione scolastica nel Mezzogiorno”, finanziata dalla Fondazione ‘Con il Sud’. Ma ‘Timu’ sta lavorando anche ad un’inchiesta multimediale con foto e video per ‘Falling Walls’, l’associazione tedesca che in ricordo della caduta del Muro di Berlino raccoglie materiale sugli altri muri del mondo che devono cadere. Per contribuire alle inchieste basta iscriversi a https://timu-it.ahref.eu/ e creare un proprio profilo personale. Per rimarcare il concetto di veridicità , su ‘Timu’ ci saranno tracce della propria reputazione, “una sorta di certificazione sociale”, sottolinea De Biase. Un concetto importante in tempi in cui i contenuti più disparati vanno su Internet e si hanno spesso pregiudizi e perplessità sui media sociali. “I giornali sulle prime si sono rivoltati contro il citizen journalism ma ora hanno capito che devono abbracciare le nuove tecnologie e quindi siamo in una fase di relazione costruttiva cittadini-giornali. Anche perché il rapporto tra giornali e cittadini c’é sempre stato, sono solo cambiati i mezzi – osserva De Biase -. E’ molto sano che i media tradizionali abbiano una concorrenza strutturale, la stampa ha una funzione precisa che recupererà quando sarà superata la crisi. La quadra – conclude De Biase – la troverà quando si renderà indipendente dalla pubblicità , che ai siti frutta solo sui grandi volumi. Bisognerebbe cercare degli sponsor o iniziare a far pagare le news. Gli utenti e i lettori, ad esempio, sono sicuramente disposti a pagare per contenuti specifici, esclusivi e di valore come le inchieste”. Oltre a ‘Timu’, ahref sta sviluppando altri progetti come ‘mitolab’ che coniuga nuove forme di narrazione con strumenti digitali e ‘Wavu’ un aggregatore che riunisce fonti sul web per contribuire alla discussione sulla qualità dell’informazione. La Fondazione ha nel proprio board sceintifico Paul Steiger, già a capo del WSJ e ora responsabile di ProPublica, David Weinberger, guru del marketing su Internet e Joichi Ito, anima di Creative Commons e direttore del Medialab del Mit.