Sempre più
Lui, Urbano Cairo, è fatto così: prende La7 che è uno straccio e quando Stella gli propone un salto di fatturato, lui rilancia; poi continua a fare utili con i suoi giornali; ora si mette a remunerare anche i suoi azionisti in Borsa. Vedrete che qualche giorno va in edicola con il suo famoso quotidiano! Meno male che c’è quella squadretta di calcio del Piemonte…
Il mondo ansioso, imprevedibile e in fondo un po’ fanatico delle televisioni non parla d’altro. La7 di qui, La7 di là . Mentana di sopra, Mentana di sotto. Arriva Santoro, no Santoro non arriva. Fazio è lì lì per firmare, macché Fazio nemmeno ci pensa. De Benedetti compra, Telecom vende, arriva Rcs…
Chiacchiere spesso destinate a volatilizzarsi sulle labbra compiaciute di chi le ha pronunciate. Sciocchezze, supposizioni e ballon d’essai che si impastano con interessi veri, con progetti e strategie di tutto rispetto. Che ci sia un gran subbuglio nel mondo dell’industria editoriale che guarda al vero fenomeno televisivo di questi mesi – La7 – è del resto fuor di dubbio. Rumori plausibili dicono che Rcs MediaGroup, di cui è in atto una radicale riorganizzazione, ha già attivato i succhi gastrici per mandar giù il bel bocconcino televisivo di Telecom Italia che di anno in anno, di mese in mese, porta a casa risultati interessanti di pubblico, ma che ha ancora i bilanci fortemente in passivo (il bilancio di Ti Media spa del 2010 presenta un Ebitda di -35,6 milioni di euro e un Ebit di -63,0 milioni). Senza contare che nei due gruppi ci sono alcuni soci in comune come Mediobanca e Intesa Sanpaolo.
In questo scenario, la capacità di Urbano Cairo, titolare tra l’altro della concessionaria di La7, di far crescere i fatturati pubblicitari è di sicuro una tessera fondamentale per diradare la cortina nebbiosa quando non addirittura farlocca che ricopre lo scenario televisivo. Maggiori saranno i ricavi, maggiore sarà la possibilità per Giovanni Stella, amministratore delegato di Ti Media, la società delle partecipazioni televisive del gruppo Telecom, di rendere più seducente il prodotto, rallegrare i bilanci e far diventare La7 quel che ha sempre sognato: il terzo polo televisivo. Non più, quindi, canale marginale ma vero e proprio interprete del mercato. Non più Cenerentola costretta a vivere degli avanzi delle sorellastre tiranne, ma allegra e speranzosa promessa sposa del bel principe.
Urbano Cairo è molto soddisfatto. E lo è per almeno due motivi: uno che attiene al suo carattere e uno che riguarda il suo successo. Dopo aver fatto la gavetta alla corte di re Silvio (è stato assistente di Berlusconi nel gruppo Fininvest, direttore commerciale e vice direttore generale in Publitalia ’80, amministratore delegato alla Mondadori Pubblicità all’inizio degli anni Novanta) nel 1995 ha deciso di ballare da solo fondando la Cairo Pubblicità . Poi nel 1999 sborsa 15 miliardi per acquistare la Giorgio Mondadori e il suo patrimonio di testate mensili di qualità , nel luglio 2000 battezza in Borsa la Cairo Communication spa, nel 2003 fonda la Cairo Editore e due anni dopo (a dimostrazione che non tutte le ciambelle riescono con il buco) acquista il Torino Football Club 1906 portando il Toro subito in serie A (per poi assistere tre anni dopo di nuovo alla sua retrocessione) e inimicandosi i collerici ultras del club granata. Da quasi un decennio è il concessionario di pubblicità della rete televisiva guidata da Stella e la sua attività è diventata un elemento di fondamentale importanza per La7.
Prima – Quando ha iniziato a occuparsi di La7?
Urbano Cairo – Il nostro rapporto con La7 ha una data precisa: il 9 novembre 2002. Fu in quel giorno che firmammo un contratto triennale rinnovabile a patto di totalizzare 228 milioni di fatturato nei primi tre anni.
Prima – Immagino che ci siate riusciti.
U. Cairo – Non solo raggiungemmo l’obiettivo ma lo superammo e il contratto fu esteso automaticamente.
Prima – Poi, nel maggio 2008, è arrivato Stella che ha messo a ferro e fuoco la rete e tutti i suoi interlocutori.
U. Cairo – Cominciammo a negoziare con lui a settembre di quell’anno e alla fine rinnovammo il contratto. Lo scenario economico generale era catastrofico grazie, tra l’altro, al fallimento della Lehman Brothers e al crollo delle banche. Quell’anno fu angosciante pure per noi: con La7 chiudemmo a 113 milioni di euro, in calo sui 121 milioni del 2007, e le previsioni per il 2009 erano nere.
Prima – Quali erano le richieste di Stella per continuare il matrimonio con la Cairo Pubblicità ?
U. Cairo – Mi disse che erano contenti di noi: nel 2002 avevamo preso La7 con un fatturato a 36 milioni e un ascolto del 2%. Quattro anni dopo la share era arrivata al 3% ma il fatturato era più che triplicato. Disse molto chiaramente che avevano bisogno di fare fatturato: “A fronte di un 3% mi devi garantire, a prescindere dall’andamento del mercato, almeno 120 milioni lordi all’anno per i primi tre anni”. Ebbi un giramento di testa ma grazie al cielo ero seduto. Stella aggiunse che avrei ottenuto un rinnovo automatico per altri tre anni se avessi raggiunto un certo fatturato incrementale nel primo triennio. E ribadì secco: “Adesso però voglio 120 milioni”.
Prima – Sembra una partita di poker.
U. Cairo – Il rischio che ci assumemmo fu infatti molto alto. Ma credo che ne valesse la pena.
Prima – E poi vi siete presi anche La7d, La7.it, La7.tv.
U. Cairo – Nel 2008, a novembre, abbiamo fatto un contratto rinnovabile automaticamente per altri tre anni al raggiungimento di risultati prestabiliti. Nel 2010 abbiamo inserito La7d di cui siamo molto contenti. La rete tutta femminile è in crescita di ascolti con una share dello 0,25%. E anche i canali Internet.
Prima – Finché a luglio 2010 non arriva Enrico Mentana e a settembre il Tg La7 parte a tutto gas.
U. Cairo – Mentana ha dato un impulso fenomenale, ma sono andati bene anche gli altri programmi come ‘Otto e mezzo’, ‘L’infedele’, ‘Le invasioni barbariche’, ‘Exit’. A quel punto Stella mi dice: “Visto che abbiamo superato il 3% di audience mi aspetto che anche i tuoi obiettivi siano più ambiziosi”. Così abbiamo rinegoziato il contratto e il 16 dicembre dello scorso anno abbiamo firmato un addendum che stabilisce una stretta relazione tra le share raggiunte e il fatturato pubblicitario.
Prima – Che è un modo per incatenarvi agli ascolti della rete, ma anche per avere commissioni più alte via via che cresce il fatturato.
U. Cairo – Certo, e ovviamente se la rete fa il 3% abbiamo un target, se fa il 4% ne abbiamo un altro a crescere. E così via. Un impegno che se rispettato ci garantirà il contratto di concessione fino al 2019.
Prima – Mi spieghi una cosa: che cos’è che, in un momento di crisi generale in cui tutte le concessionarie arrancano, l’ha convinta a fare quel passo?
U. Cairo – Ho sempre creduto che La7 avesse un grande potenziale, anche se eravamo già cresciuti molto. E i risultati che abbiamo fatto hanno dimostrato che è vero. Il target della rete è di grande qualità , per scolarità , professione, per capacità di reddito e di spesa. Più concentrato in regioni ad altissimo reddito come Lombardia, Piemonte, Veneto, Lazio ed Emilia dove La7 è molto seguita. Con l’aumento dell’audience La7 diventa un mezzo sempre più appetibile.
Prima – Un azzardo comunque non da poco.
U. Cairo – Io sono persuaso che quello che conta davvero è avere una rete di vendita ben guidata, ben preparata, aggressiva, capillare sul territorio, capace di argomentare i punti di forza del mezzo che rappresentano. E la Cairo Pubblicità ha una squadra fortissima.
Prima – Che previsioni fate per il 2011?
U. Cairo – Siamo certi di poter realizzare gli obiettivi che abbiamo. Con La7 siamo già riusciti a trasformare le percentuali di crescita degli ascolti in aumento del fatturato pubblicitario. Anzi, le dirò di più: andremo oltre perché secondo i risultati dei primi cinque mesi siamo sopra del 31% rispetto allo stesso periodo del 2010. Stiamo insomma facendo un pochino meglio della crescita dell’audience che, passando dal 2,8% al 3,5%, sale sì, ma del 25%.
Prima – È fuor di dubbio che si è creato un mood favorevole per La7.
U. Cairo – La7 è una televisione di moda, piace molto a tutti, e in particolare agli opinion leader e a quanti decidono i budget pubblicitari.
Prima – L’effetto Mentana è sicuramente interessante.
U. Cairo – Interessante? Beh, molto di più. Pensi che da quando lo dirige e conduce, il tg è passato dal 2,7% a picchi che hanno toccato il 13,82%. Ma anche ‘Otto e mezzo’ è decollato e ha raggiunto punte di oltre il 10%, così come ‘L’infedele’. E ‘Omnibus’ la mattina supera il 5%.
Prima – Per non dire che tutti i giornali parlano di La7 come se fosse una nuova Lourdes della libertà d’informazione.
U. Cairo – Quando vendi la pubblicità di una rete commerciale sicuramente gli ascolti e i target sono molto importanti. Oggi, però, La7 ha qualche cosa di più. Ha ciò che negli Usa chiamano ‘momentum’. È la rete sulla bocca di tutti, che ha fatto un grande balzo negli ascolti e di cui tutti i giornali parlano. E questo per noi è un bell’aiuto.
Prima – E cosa ci può dire dell’arrivo di nuove star? Fazio con ‘Che tempo che fa’ ha firmato un contratto di tre anni con la Rai, ma si è mantenuto le mani libere per ‘Vieni via con me’, che si dice debutterà l’anno prossimo su La7. E mentre Santoro fa il fenomeno Stella sta trattando con Saviano e con Travaglio….
U. Cairo – Sono notizie che può dare solo Stella. Certo che se davvero arrivassero nuove risorse giornalistiche di questo calibro, La7 sarebbe destinata a salire altri gradini di audience e pubblicità .
Prima – Ma è vero quello che si dice che ogni punto di share guadagnato sul giorno medio vale per La7 tra i 40 e i 45 milioni di pubblicità ?
U. Cairo – Direi di sì. Quello che conta è essere veloci nel trasformare il ‘numerino’ degli ascolti in fatturato pubblicitario. In passato non è mai riuscito a nessuno, a parte Publitalia: non riuscì a Rusconi con Italia 1, non a Mondadori con Retequattro, non a Tmc e così via.
Prima – Dall’aria che ha, si vede che è molto soddisfatto. Del resto i numeri sono con lei. Anche le agenzie di rating invitano a comperare il titolo della Cairo Communication grazie alle buone prestazioni pubblicitarie di La7 e anche al fatto che gli utili per azione sono molto alti.
U. Cairo – Vero il successo sul fronte televisivo, ma ci tengo a sottolineare che facciamo anche ottimi risultati con la Cairo Editore. L’anno scorso abbiamo chiuso il fatturato della Cairo Communication a 275 milioni di euro con un margine operativo lordo di 30 milioni. E di questi 20 milioni venivano dall’attività editoriale. L’altro giorno ho letto che Condé Nast Italia ha chiuso il fatturato del 2010 intorno ai 180 milioni con una marginalità operativa lorda di 25 milioni pari al 14%. Noi siamo intorno al 18%. Condé Nast deve l’80% dei suoi ricavi alla pubblicità , mentre noi siamo al 65% dall’edicola e al 35% dalla pubblicità . Mi ha fatto piacere vedere che la nostra azienda è su livelli di marginalità simili o maggiori di una azienda considerata il top in Italia e gestita da un manager eccellente come Giampaolo Grandi. Insomma, avrò diritto o no a essere contento?
Prima – È curioso che un uomo di pubblicità come lei abbia una casa editrice che fa i propri ricavi più con l’edicola che con la pubblicità .
U. Cairo – Ho iniziato a fare l’editore acquistando la Giorgio Mondadori da un uomo che ha sempre avuto un’attenzione maniacale alla qualità dei giornali e alle testate per pubblici di nicchia. Quando poi ho cominciato a lanciare nuovi giornali ho anche sempre cercato i grandi numeri. L’incontro con Sandro Mayer e il lancio di Dipiù e DipiùTv ci ha permesso di conquistarli. Complessivamente le testate della Cairo Editore vendono quasi due milioni di copie a settimana e Dipiù se la gioca con Tv Sorrisi e Canzoni come il giornale più venduto in Italia con circa 700mila copie. Il nostro femminile Diva e Donna è a quota 200mila. E oggi siamo il secondo editore di periodici per copie vendute in edicola.
Prima – Dicono che ci siano trattative tra lei e Mediobanca per l’acquisto dei periodici Rcs.
U. Cairo – Non sono candidato ad acquistare i periodici Rcs.
Prima – E Radio 24? È vero che siete interessati a prenderne la pubblicità in concessione?
U. Cairo – Noi non abbiamo nessuna radio ma riteniamo che anche lì potremmo fare bene. In ogni caso non ho parlato con nessuno di Radio 24, se è questo che voleva sapere.
Prima – L’Unità ? Dicono che anche lì lei stia allungando lo zampino.
U. Cairo – Per L’Unità ci sono stati… come dite voi? dei pourparler. Niente di più. Penso, ovviamente, che sia un giornale con una grande storia, un marchio molto forte. Due caratteristiche che, però, non sono sufficienti per rilanciare adeguatamente la testata.
Prima – Ho l’impressione che la sua risposta piuttosto prudente dipenda dal fatto che se lei mettesse in portafoglio anche il giornale fondato da Gramsci, dovrebbe rinunciare all’immagine di imprenditore bipartisan. La free press la interessa ancora? I dati dicono che vada piuttosto malino.
U. Cairo – Lei nemmeno immagina quante volte c’ho pensato! Volevo fare un quotidiano sportivo gratuito, uno generalista. Mi contattarono quelli di E Polis ai tempi di Niki Grauso ma poi…
Prima – Ma poi cosa l’ha fermata?
U. Cairo – Era il 2007 ed E Polis, pur interessante dal punto di vista della qualità editoriale per essere una free press, aveva una struttura troppo importante in termini di costi. A maggior ragione dovendo vivere di pubblicità e non di edicola. Quando poi cominciai a pensare di lanciare un nuovo giornale gratuito, il mercato della pubblicità prese ad andare piuttosto male. A quel punto evitai di fare un investimento diventato troppo rischioso, come confermano gli andamenti pubblicitari della free press negli ultimi tempi, e a me parve buon senso pensare ad altro.
Prima – Lei è uno dei pochi editori che non sta investendo su Internet.
U. Cairo – Nel 1998 partimmo per primi e facemmo una concessionaria che si chiamava Cairo Web che, poi, si fuse con Double Click dando vita a Double Click Italy. Internet è un fenomeno indiscutibile ma è da maneggiare con molta cautela. Rischi di spendere un sacco di soldi e di farti del male. Molti editori ci si sono lanciati con investimenti importanti, aprendo siti delle loro testate che hanno poi pesantemente cannibalizzato i giornali stampati. E poi devi avere idee assolutamente innovative. Cosa sta vincendo su Internet? Google, eBay, Amazon, YouTube. Inutile riproporre una old economy sulla new economy.
Prima – A proposito di old economy, lei sta facendo crescere poco alla volta anche la sua casa editrice di libri e quest’anno un vostro titolo – ‘Se fossi qui’ di Maria Pia Ammirati – è entrato nella cinquina dei finalisti del Campiello.
U. Cairo – Siamo partiti nel 2006, abbiamo editato una cinquantina di titoli all’anno – alcuni best seller – ma la soddisfazione di un finalista al Campiello è davvero unica.
Prima – Quali progetti ha per il prossimo futuro?
U. Cairo – Di sicuro periodici per completare il nostro portafoglio testate. Perché non un quotidiano generalista? È un mio vecchio sogno. E tanto altro. Meglio, però, non dire nulla: prima fare, poi parlare.
Prima – È più di un’ora che lei gongola felice. Adesso, se mi permette, la faccio piangere con un solo nome: il Torino.
U. Cairo – E va bene, parliamo del Torino. A marzo avevo detto che avrei mollato tutto e rimesso in vendita la società . L’avevo già detto nel febbraio 2010 e allora si fece viva una sola persona, il proprietario della Pro Patria, Savino Tesoro, ma la cosa non ebbe seguito. Quest’anno non ho avuto uno straccio di offerta. Niente. Zero. Se fossi coerente con la promessa me ne dovrei andare e non iscrivere il Torino al campionato, ma sarebbe una cosa troppo dolorosa. Ho di fatto preso la squadra dal fallimento nel 2005 e l’ho rilanciata in serie A al primo tentativo. No, non ho nessuna intenzione di affossarla dopo averla salvata e, quindi, andrò avanti facendo tesoro degli errori commessi.
Prima – Quindi anche lei è umano, anche lei fa degli errori.
U. Cairo – Tutti facciamo errori. L’importante è imparare da quegli errori. E guardi che non è retorica, è proprio così. Lo è sempre. Nella vita e nel lavoro. Ora abbiamo un nuovo allenatore, Giampiero Ventura, che ha una grande esperienza e una idea di squadra. Il Torino mi costa molto. Mi vergogno a dire quanto. In due anni ci ho rimesso 25 milioni. Ma ribadisco, vado avanti. Non posso mollare proprio adesso.
Intervista di Carlo Riva