Velocissimo
Alceo Rapagna, responsabile delle strategie e dei progetti digitali di Rcs MediaGroup, spiega come in tre mesi ha messo a punto il nuovo sistema aziendale, per favorire la crescita del business multimediale.
Focalizzare gli investimenti e il modello di business sul multimediale e il digitale: è tra i primi obiettivi del piano triennale 2011-2013 di Rcs MediaGroup, che l’amministratore delegato Antonello Perricone ha presentato alla comunità finanziaria il 17 dicembre scorso. L’uomo giusto per raggiungere questo importante obiettivo è stato individuato tre mesi dopo: Alceo Rapagna. Un manager di 42 anni, con una laurea in ingegneria meccanica, un master in business administration e una grande esperienza nel marketing e nella gestione del cambiamento maturata lavorando per 12 anni in McKinsey come consulente per grandi industrie e multinazionali, che dal 2005 era partner della società (vedi il ritratto pubblicato sul numero di aprile di Prima e su Primaonline.it).
A fine marzo Rapagna viene nominato chief digital officer di Rcs MediaGroup con un incarico molto impegnativo: riorganizzare il sistema aziendale in modo da favorire la crescita del business multimediale, potenziare l’offerta digitale e sviluppare tutte le sinergie possibili tra le diverse aree di attività .
Sono passati solo tre mesi, ma non si può certo dire che Rapagna si sia limitato a studiare la situazione, tutt’altro. La velocità del cambiamento ha sorpreso un po’ tutti in Rcs: in 90 giorni è cambiata l’organizzazione, si sono modificati i metodi di lavoro e anche i rapporti internazionali all’interno del gruppo sono mutati, con un coinvolgimento diretto degli spagnoli di Unidad Editorial, la casa editrice dei quotidiani El Mundo e Marca, controllata da Rcs. Sul fronte dei prodotti si è velocizzato il progetto digitale di Dove, lavorato alla digital edition del Corriere della Sera (novità sono imminenti), lanciate nuove modalità di abbonamento alle applicazioni, arricchiti i contenuti digitali; e presto usciranno nuovi prodotti anche nell’area video.
Quali sono i principi guida di questo processo di cambiamento, come si è concretizzato finora e che risultati sta dando? Da buon ingegnere, Rapagna si è preparato una scaletta dei concetti chiave che vuole evidenziare, prevenendo le domande del giornalista. Lo incontriamo negli uffici di via San Marco a Milano – alle spalle di via Solferino – che ospitano la direzione aziendale. Fra poche settimane si trasferirà nella nuova sede di via Rizzoli, alla periferia est della città , dove si concentreranno tutte le attività del gruppo, a eccezione delle redazioni dei quotidiani, che resteranno in via Solferino.
La qualità , la centralità del cliente, il valore di essere gruppo e la sperimentazione: sono questi i quattro pilastri della strategia di Rapagna. E non si tratta – assicura il manager – solo di slogan, frasi fatte ripetute come un mantra, ma di principi che stanno alla base dell’azione concreta e che devono portare a risultati altrettanto concreti. “La qualità e la forza del brand sono essenziali in un’ottica multicanale e multimediale”, afferma Rapagna. “Quando sono arrivato in Rcs mi ha fatto molto piacere vedere che nel piano strategico, che odorava di multimedialità e di digitale da pagina 1 a pagina 99, la prima slide era proprio sul concetto di qualità . La qualità dell’informazione e dei contenuti è un valore che va riaffermato e difeso nel mondo digitale. Un mondo molto democratico e fluido, dove tutti giustamente hanno diritto di parola, ma dove accanto ai blog e a Wikipedia ci deve essere anche un brand come Corriere.it”.
Prima – Cosa significa, in concreto, per il business editoriale, puntare sulla qualità ?
Alceo Rapagna – È la qualità che ci permette di sostenere quel modello ‘freemium’ in cui crediamo: affiancare cioè all’informazione free del web anche un’informazione a pagamento sui mezzi digitali, di cui Rcs è stato uno dei pionieri. Con la versione digitale del Corriere della Sera siamo stati tra i primi a mettere dei contenuti dietro al paywall, cioè a pagamento, prima ancora del New York Times. A breve usciremo con una serie di nuovi progetti rivolti a chi è disposto a pagare per avere un prodotto di qualità .
Prima – Passiamo alla centralità del consumatore: come si concretizza questo principio nell’attività di Rcs?
A. Rapagna – Abbiamo costituito una nuova unità , Consumer Insight & Analytics, che riunisce tutte le nostre fonti di informazione, on line e off line, e tutti i centri di competenza che riguardano i clienti, i consumatori, i lettori, in una parola le persone che entrano in contatto con noi. È un’unità trasversale a tutto il gruppo, che mette a fattor comune tutto ciò che riguarda il rapporto con il cliente. Un pool di esperti che, a mia conoscenza, non ha eguali nel mondo dell’editoria anche tra i publisher più evoluti degli Stati Uniti.
Prima – Che dati analizza questa nuova unità ?
A. Rapagna – Tutti i dati disponibili, da quelli sulla navigazione sul web a quelli sulle vendite dei giornali e gli abbonamenti alle riviste. Ma non solo. Abbiamo un’infinità di ‘touch point’, punti di contatto con i nostri clienti e lettori. Abbiamo calcolato che sono più di dieci milioni le persone che in qualche modo sono connesse con l’azienda, hanno avuto qualche forma di interazione con essa. Di questi, più della metà ci ha dato la firma per consentirci di dialogare con loro. Su Internet come gruppo, tra Italia e Spagna, abbiamo 45 milioni di visitatori unici al mese, quasi due miliardi di pagine viste e 50 milioni di video stream, sempre al mese.
Prima – Come gestite tutta questa mole di dati?
A. Rapagna – Abbiamo un’architettura informativa per la gestione della clientela molto sviluppata e stiamo lavorando per integrare nuovi pezzi. Siamo convinti che conoscere il cliente fa la differenza. Ci consente di offrire il giusto prodotto alle persone giuste, nel momento giusto, con un adeguato sistema di pricing.
Prima – Conoscere il cliente dunque per migliorare il prodotto. Questo vale anche per il lavoro giornalistico?
A. Rapagna – Certamente. Il Washington Post da quattro mesi sbandiera il fatto che hanno dei ‘cruscotti’ con cui la redazione viene informata ogni settimana sulla percezione che i lettori hanno del prodotto. Noi ce li abbiamo da più di quattro mesi. Le redazioni avranno sempre più in futuro degli strumenti per interpretare il feedback dei lettori. Questo vale sia nel digitale sia sulla carta: usiamo tecniche digitali anche per interrogare panel di lettori del prodotto cartaceo.
Prima – Questi strumenti sono usati da tutte le redazioni?
A. Rapagna – Siamo nel bel mezzo di un processo di cambiamento e quindi l’abitudine a usare questi strumenti è diversa. Ci sono degli apripista, come il direttore del Corriere della Sera: Ferruccio de Bortoli ha una curiosità innata e la capacità di guardare oltre, anche per capire quali contenuti i lettori sono disposti a pagare, nella logica ‘freemium’ di cui parlavamo prima. I dati infatti ci servono non solo per interpretare le preferenze delle persone – esattamente come fa l’Auditel per le trasmissioni televisive – ma anche per scegliere il modello di business. Anche Carlo Montanaro, il direttore di Dove, è molto interessato agli sviluppi digitali; basta vedere quello che sta facendo con il magazine e il suo sito: stiamo mettendo a punto un’applicazione dentro a cui c’è una nuovissima tecnologia di e-commerce che consentirà ai lettori di acquistare direttamente i viaggi proposti dal magazine.
Prima – State per lanciarvi quindi nel business delle vendite on line?
A. Rapagna – Sì, abbiamo siglato una partnership con un primario operatore internazionale per una nuova piattaforma di e-commerce. Ci aspettiamo forti soddisfazioni, anche perché il prodotto che stiamo preparando è veramente multimediale, comprende anche la tivù. Le ultime applicazioni che abbiamo realizzato per i tablet pc sono quanto di più avanzato c’è nel mondo dei magazine.
La trasformazione in corso ha una grande visibilità nei quotidiani – le due portaerei italiane (Corriere della Sera e La Gazzetta dello Sport) e le due equivalenti spagnole (El Mundo e Marca) – ma anche il nostro portafoglio dei periodici è sulla frontiera dell’evoluzione. In particolare stiamo lavorando nell’arredamento, nell’architettura e nei target bambini, con iniziative tecnologiche al servizio dei brand.
Prima – Dal punto di vista organizzativo cos’è cambiato in Rcs MediaGroup?
A. Rapagna – Nella preparazione del piano strategico, il management – l’amministratore delegato, il direttore generale, il direttore del personale – hanno messo a punto, dopo aver fatto un giro nei benchmark internazionali, un modello originale, che si potrebbe definire bifocale. In precedenza c’era un responsabile per la carta e un responsabile digitale per ogni brand: il Corriere, La Gazzetta, i femminili, eccetera. Adesso le due funzioni sono state riunite e c’è un direttore del sistema Corriere, uno del sistema Gazzetta, uno dei femminili, uno dei maschili; ovviamente anche i libri e l’advertising hanno un loro responsabile. Tutte le aree editoriali e pubblicitarie sono oggi costruite su un impianto organizzativo multimediale. Accanto a questa struttura è stata costituita una direzione digital di gruppo. Da un lato ci sono i publisher multimediali, dall’altro la direzione digital. Il modello non privilegia né l’uno né l’altro aspetto, ma forza la coesistenza, la collaborazione, sia di chi guarda il brand sia di chi guarda la tecnologia, il digitale e i clienti. Da questo modello noi crediamo debba venire la spinta all’innovazione.
Prima – Luca Traverso, come publisher del Corriere, è dunque responsabile del brand sia per quanto riguarda la carta sia per il digitale, in tutte le sue declinazioni?
A. Rapagna – Sì. Lo stesso vale per il sistema Gazzetta con Giacomo Catano, per i femminili con Laura Penitenti, per i maschili e i familiari con Paolo Ratti, per le testate sull’arredamento con Michela Vecchiato; per i libri il direttore commerciale che coordina il brand è Massimo Turchetta; per la pubblicità il responsabile marketing è Anna Ditaranto.
Prima – Dall’altro lato c’è la direzione digital: quali sono i suoi compiti e le sue funzioni?
A. Rapagna – Qui abbiamo dei responsabili di mezzo o di piattaforma che sono trasversali per tutti quanti i brand. La squadra è ancora in via di definizione. Ci sarà un responsabile per l’e-commerce, uno per i modelli di sviluppo social, uno per la parte video, uno per i tablet e il mobile. Il responsabile della parte video, ad esempio, si relazionerà sia con Corriere.it sia con Leiweb per quanto riguarda lo sviluppo video, malgrado i due brand abbiano contenuti, target e strategie di prodotto molto diversi. In un certo senso la divisione digital funziona come l’emporio digitale di Rcs. Se un giornale del gruppo vuole sviluppare una particolare iniziativa, attraversa la strada ed entra nell’emporio: qui troverà non solo strumenti e tecnologie ma anche consigli utili su come utilizzarli. Nel negozio serviamo anche l’advertising, mettendo un’attenzione particolare sui nuovi formati, sulle piattaforme tecnologiche e su tutto quello che il digitale consente di fare nella pubblicità . Il dialogo con i ‘clienti’ del negozio consente di arricchire l’offerta di tecnologia e servizi e allo stesso tempo di migliorare il prodotto. La circolarità di idee è intrinseca al modello organizzativo duale. Non si perde di vista il fatto che si devono produrre dei quotidiani, dei libri e delle riviste, e si fanno circolare competenze specialistiche di innovazione del prodotto.
Prima – Può fare un esempio di innovazione?
A. Rapagna – In queste settimane si è parlato molto della personale battaglia del Financial Times contro il sistema chiuso della Apple; il quotidiano inglese ha rivendicato il merito di aver realizzato, grazie alla tecnologia html5, un’applicazione per iPad che si può vendere al di fuori dell’AppStore. Noi abbiamo fatto la stessa cosa un mese prima con la LibreriaRizzoli.it, anch’essa sviluppata in html5, che sta dando ottimi risultati.
Prima – Tra i punti chiave della nuova strategia citava la forza di essere gruppo. Cosa vuol dire?
A. Rapagna – Vuol dire che abbiamo impostato un’organizzazione digitale veramente di gruppo. Su alcune piattaforme abbiamo creato dei global platform leader, che possono essere un italiano, uno spagnolo o un francese a seconda di dove si trovano le migliori competenze su quel mezzo, la capacità di innovazione. Il global platform leader ha la responsabilità di guidare lo sviluppo per l’intero gruppo, in tutti i Paesi, su quella particolare piattaforma: l’e-commerce, i social network, i tablet, il mobile, i video.
La Spagna ha lavorato molto negli ultimi mesi sui social network. Pedro J. Ramàrez, il direttore del Mundo (il primo quotidiano di lingua spagnola su Internet), è seguitissimo su Twitter e la community di Marca è molto forte. Riconosciamo quindi che lì ci sono delle competenze tecnologiche e di modelli di business, e vogliamo far sì che ci possano aiutare anche qui in Italia. Viceversa noi abbiamo fatto più passi avanti sul mondo del tablet e del mobile, e quindi ci faremo carico di favorire lo sviluppo su questi mezzi anche in Spagna. È un modello organizzativo coraggioso.
Prima – È una novità in campo editoriale?
A. Rapagna – È un tipo di organizzazione già presente nel largo consumo, nelle banche e nelle telecom; nel mondo del publishing invece è una novità . Cambia anche il modo di lavorare. Il responsabile delle strategie digitali e delle metriche è un collega spagnolo, Ià±igo Amoribieta, che divide il suo tempo tra Madrid e Milano. Come del resto faccio io: una settimana al mese la passo in Spagna. Qualche giorno fa a Unidad Editorial abbiamo nominato un nuovo chief digital officer, Juan Vallejo.
Prima – Per quanto riguarda la sperimentazione, il quarto pilastro della stategia di Rcs, come vi state muovendo?
A. Rapagna – Il mondo dell’informazione digitale è in rapidissima evoluzione, ma il 90% è solo rumore di fondo. Ci stiamo attrezzando per capire dove si fa innovazione e scremare il rumore di fondo facendo emergere le vere opportunità di creare nuovi prodotti e servizi. Abbiamo costituito un’unità organizzativa che si chiama Digital Development Publishing Business, affidata a Giorgio Riva, che si occupa degli sviluppi dei tablet, del mobile, dei social network, eccetera, a favore del sistema multimediale dei brand. Un’altra unità , New Business & Digital Incubator, con a capo Francesco Carione, è il presidio organizzativo entro cui vogliamo far fluire le nuove idee di business.
Abbiamo capito però, grazie anche alla nostra storia, che l’innovazione non può nascere solo all’interno dell’azienda, pur grande e complessa come Rcs. D’altro canto, comprare l’innovazione all’esterno non sempre funziona. Così, anche sulla falsariga di ciò che fanno altri gruppi internazionali, vorremmo dotarci di una capacità di innovazione, di incubazione di idee che peschi dal mercato.
Prima – Siete già in contatto con realtà di questo genere?
A. Rapagna – Ci piace molto H-Farm, un incubatore digitale di Roncade, in provincia di Treviso. È lì che abbiamo organizzato il nostro primo workshop, riunendo tutti i manager del gruppo, sia quelli italiani sia quelli spagnoli. È una struttura straordinaria, una piccola Silicon Valley sul Sile, costruita da alcuni imprenditori visionari locali, e dentro il cui azionariato sono confluiti Renzo Rosso, Matteo Marzotto, il gruppo Benetton e altri. In H-Farm sono nate alcune start up interessanti, come H-Art, acquistata nel 2009 da Wpp, e Log 607, acquisita nello stesso anno da Marsilio (gruppo Rcs). È un ambiente in cui nascono molte idee, talenti da coltivare e a noi piace essere loro amici.
Intervista di Claudio Cazzola