“Le agenzie di comunicazione sono uno strumento di democrazia e libertà perché le risorse della pubblicità rafforzano l’autonomia dei media e il pluralismo”. Lo sostiene Massimo Costa, country manager per l’Italia di Wpp (colosso multinazionale della comunicazione). Costa si è candidato alla presidenza di AssoComunicazione, ed è molto probabile che il 30 novembre sia eletto al vertice dell’associazione, che rappresenta le imprese italiane di comunicazione.
La situazione è critica, e Costa non lo nasconde: “Il nostro Paese sta rallentando e fatica maledettamente a proporsi con qualcosa di nuovo”, afferma il manager che fino allo scorso gennaio era capo Emea di Y&R. I prossimi due anni saranno terribili, decisivi. Le aziende faranno fatica a fare utili e c’è da aspettarsi che questo ricadrà pesantemente sui ricavi dei consulenti”.
L’Italia, secondo Costa, non ha solo un problema di comunicazione dell’immagine: “Prima viene il problema di rimettere a posto il Paese. Bisogna guardare avanti con una prospettiva diversa, più ampia. Penso a David Cameron, in Inghilterra, che ha poco più di quarant’anni e ha un bambino che non ha ancora compiuto un anno. Sono queste le condizioni minime, di base, per farti guardare al futuro nella maniera giusta, con la proiezione a 20 anni che deve essere normale per chi governa nell’interesse comune”.
Particolarmente seria la situazione nel mondo della comunicazione, dove i ricavi dei consulenti sono calati di due terzi in pochi lustri. “La situazione italiana”, dice Costa, “non ha confronto in alcun grande Paese occidentale. Succede qualcosa di simile in Grecia, forse in Spagna di recente. Ma a Londra, a Parigi e ad Amsterdam la consulenza viene pagata una cifra che qui da noi oramai è considerata impensabile. La differenza la fa la credibilità . Cosa fare? È venuto il momento di lavorare duramente per vedere riconosciuto il nostro ruolo. Che non è irrilevante. Siamo una variabile significativa dal punto di vista economico: possiamo fare crescere i consumi e il Pil. E poi siamo uno strumento di democrazia e di libertà , perché le risorse della pubblicità rafforzano l’autonomia dei media e il pluralismo. Dulcis in fundo, siamo uno tra i comparti che dà più spazio a donne e giovani nei suoi quadri”.
L’articolo integrale è sul mensile ‘Prima Comunicazione’ n. 421 – ottobre 2011