SE FOSSE ILLEGITTIMO PERO’ CI SAREBBE DIRITTO A RESTITUZIONE
(ANSA) – ROMA, 26 MAR – Non è in vista alcun verdetto comunitario che metta fine alla riscossione del canone Rai. Lo sottolinea la Cassazione nella sentenza 4776 che ricorda anche come questo balzello sia uno dei più “longevi” del nostro ordinamento, introdotto nel lontano 1938. Per ora – spiegano i supremi giudici a un abbonato veneto insofferente di pagare il tributo che tiene in vita Viale Mazzini, e che per vincere la sua battaglia ha ‘assunto’ un principe del foro – non ricorrono i motivi in base ai quali sottoporre alla Corte di Giustizia Ue la questione del canone Rai in quanto non c’é dubbio che l’imposta abbia natura di aiuto di Stato “esistente”, sul quale è ammesso il sindacato della sola Commissione in quanto precedente al Trattato Ue. Dunque i singoli cittadini non possono contestarne la legittimità chiedendo che sia la Corte di Strasburgo a pronunciarsi, tuttavia se un domani la Commissione ne decretasse il contrasto con gli indirizzi comunitari, sarebbero proprio gli abbonati – e non l’Amministrazione delle Finanze che riscuote il canone – ad avere il diritto a ricevere indietro quanto versato. A questa conclusione è arrivata la Suprema Corte, con la sentenza 4776, che ha, in parte – quella che riguarda l’ipotetico futuro – dato ragione al ricorso del signor Lino Gaz, difeso da Luigi Manzi, uno dei maggiori avvocati civilisti. Se l’abbonato non è riuscito ad ottenere che sia Strasburgo a decidere se il canone sia o meno un aiuto ‘scorretto’ alla tv pubblica, ha però ottenuto il riconoscimento del diritto, al momento solo ‘astratto’, ad ottenere in prima persona – qualora in futuro i parametri Ue dovessero mettere fuorilegge l’abbonamento Rai – la restituzione dei soldi versati. Di contrario avviso era stata, invece, la Corte di Appello di Venezia che – nel 2005 – aveva stabilito che il canone essendo una imposta era un “impenetrabile diaframma tra le ragioni del contribuente e la possibilità di ottenere la ripetizione di una somma versata per un titolo confliggente con la disciplina comunitaria”. Secondo i supremi giudici questa affermazione sicuramente, già da ora, è fuori dai parametri europei perché “non trova alcuna rispondenza nelle pronunce della Corte di Giustizia Ue”. Ma il canone non è in discussione. (ANSA).