Una pessima campagna

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Harold Burson, leggendario protagonista delle relazioni pubbliche, è molto critico su come si è sviluppata la comunicazione delle elezioni presidenziali americane. “Viviamo in un’età  della comunicazione in cui l’enfasi è sul comunicare e non sul cosa e come comunicare”.

Conosco Harold Burson da qualche decennio e lui non smette mai di sorprendermi e di incantarmi. Burson, 91 anni, sempre più smilzo e con gli occhi spiritati di un folletto, fondatore e presidente della Burson-Marsteller, una delle più antiche e autorevoli società  di relazioni pubbliche, è passato da Milano agli inizi di settembre in occasione della celebrazione del trentennale della presenza della società  in Italia, oggi guidata da Fabio Caporizzi.
La storia di Burson è avvincente come lo è ogni suo ragionamento. Ventiquattrenne, giovane militare dell’esercito statunitense dotato di una portatile Olivetti, ricevette l’incarico di stendere ogni giorno per i giornalisti e il pubblico di tutto il mondo una nota radiofonica riassuntiva delle dinamiche del processo di Norimberga. Era il lontano e tragico 1945. Harold Burson iniziava così una carriera che sarebbe diventata leggendaria. Ancora oggi non si è certo arreso all’età , tanto che continua imperterrito ad andare tutte le mattine nel suo ufficio di New York e a girare il mondo per promuovere, a sessant’anni dalla sua fondazione, la Burson-Marsteller che nel 2000 è divenuta parte importante dell’impero Wpp.

L’articolo integrale è sul mensile ‘Prima Comunicazione’ n. 432 – ottobre 2012