Roma, 22 nov. (TMNews) – Si è riavviato a fatica nell’aula del Senato ma con il voto importante a favore dell’emendamento salva-Sallusti il dibattito nell’aula del Senato sul ddl che riforma il reato di diffamazione a mezzo stampa. La nuova norma (carcere possibile in ultima istanza per il giornalista diffamatore, solo multa per il direttore, quindi in prospettiva anche per l’attuale direttore del Giornale, condannato in via definitiva a 14 mesi di reclusione) era stata presentata dal relatore Filippo Berselli del Pdl. 122 i voti favorevoli, 111 i contrari, sei gli astenuti al termine di una luinghissima votazione nel corso della quale la vicepresidente di turno Rosy Mauro ha ripetutamente richiamato i senatori a sedersi durante le votazioni per limitare il fenomeno dei ‘pianisti’ che votano per gli assenti.
Per quasi due ore si sono succedute le critiche bipartisan all’emendamento Berselli, arrivate tra gli altri da Gerardo D’Ambrosio, Vincenzo Vita e Silvia Della Monica del Pd ma anche da Roberto Centaro di Cn-Grande Sud ex Pdl, Luigi Li Gotti dell’Idv e Francesco Rutelli dell’Api. Solo Roberto Castelli della Lega nord ha fatto appello ai banchi del centrodestra: “Non è possibile – ha affermato – lasciare il relatore sotto il bombardamento della sinistra”.
Alla fine però l’assemblea, con il voto contrario dichiarato dal Pd, dall’Idv, dall’Udc e dall’Api ha approvato la modifica del ddl, nonostante il parere negativo del Governo espresso “per ragioni tecniche” dal sottosegretario alla Giustizia Antonino Gullo.
Molto tecnico-giuridiche le contestazioni di D’Ambrosio, secondo il quale “l’emendamento Berselli è all’articolo 2 non all’articolo 1, perché la responsabilità penale del direttore è prevista dall’articolo 57 del codice penale”. Per Vita “questo testo non ha più senso, si rischia di fare un pasticcio assolutamente inquietante e ci sono certamente profili di incostituzionalità “.
“Non posso non rilevare – ha detto dal canto suo Centaro – che è tecnicamente impossibile pensare a una sanzione diversa tra concorrenti nel medesimo reato: o si diversifica l’attività del direttore specificando che comunque ha consentito, ha avallato, si crea cioè una diversità del comportamento che viene sottoposto a sanzione, oppure credo che la partecipazione in sé, per principi di diritto di carattere generale non possa essere sanzionata in maniera diversa”. Anche secondo Li Gotti “con questo emendamento si introduce un vistoso strappo alla norma generale che disciplina il concorso nel medesimo reato”.
Berselli ha ironizzato sull’intervento di Vita: “Avevamo 60 milioni di commissari tecnici, adesso abbiamo 60 milioni di costituzionalisti, non c’è nessun contrasto con la Carta”. Quanto al problema del reato in concorso punito con due sanzioni diverse, “è vero – ha osservato Berselli – che c’è una diversa formulazione della sanzione penale, ma stiamo intervenendo sulla legge in materia di stampa che è legge speciale quindi può derogare alla norma generale”. E comunque “una cosa è l’autore dell’articolo, una cosa il direttore, che svolge obiettivamente un ruolo diverso”.
Bocciati i due subemendamenti di Api: uno modificava le condizioni per l’esenzione del direttore dal carcere, limitandola al direttore che non avese concorso all’ideazione del reato, l’altro istituiva invece il registro degli pseudonimi, imponendo la consegna dei nomi degli anonimi all’autorità giudiziaria che ne facesse richiesta.