MILANO (MF-DJ)–L’aumento di capitale da 400 mln euro di Rcs diventa, giorno dopo giorno, un obiettivo sempre piu’ difficile da centrare perche’ in seno al patto che oggi controlla il 58% (oltre a un 2% non sindacato) non c’e’ una visione unitaria.
Finora, scrive MF, ha dato adesione solo il 44% (Fiat e Intesa si sono dette pronte a sottoscrivere in piu’ rispettivamente il 2,8% e il 2,5%) e un socio di peso, come la famiglia Pesenti (7,747%) non si e’ ancora ufficialmente espresso, cosi’ come nulla si sa delle intenzioni dei Lucchini (2,04%) e di Bertazzoni (1,23%). Percio’ mentre il tempo stringe e l’importo della prima tranche di ricapitalizzazione pare realisticamente basso rispetto alle perdite (e’ stato abbattuto il capitale e sono state raggruppate le azioni nelle misure di tre nuove per 20 vecchie), ecco che sul mercato si fa largo l’ipotesi di un ricorso al Tribunale. Niente fallimento, quindi, per un gruppo storico e strategico per l’economia come la Rcs che controlla il primo quotidiano del Paese, il Corriere della Sera. Ma cio’ che si ipotizza con sempre maggior nettezza e’ che, siccome pare difficile ottenere il quorum per il via libera alla ricapitalizzazione, l’azienda di via Rizzoli potrebbe ricorrere all’articolo 67 della legge fallimentare, ovvero l’accordo stragiudiziale con i creditori, in particolare le banche. Quegli stessi istituti di credito che al momento hanno dato l’ok alla ristrutturazione del debito a breve e concesso nuove linee di credito per 575 milioni, in cambio di garanzie sul rimborso e certezze granitiche sulla solidita’ del business plan predisposto da Jovane, che prevede 800 tagli complessivi su 5 mila dipendenti.
Per scongiurare il ricorso al Tribunale, l’unica alternativa a questo punto e’ l’apertura al dialogo con il fronte del no-aumento, ovvero Diego Della Valle (8,695%), Benetton (5,1%) e Merloni (2%). Una fronda alla quale potrebbe poi aggiungersi la famiglia Rotelli (16,55%). Azionisti che chiedono modifiche sostanziali alle condizioni attuali dell’aumento (sconto vicino all’80% e operazione a 0,15-0,2 euro per azione) ma che non sono contrari in assoluto alla soluzione del rafforzamento patrimoniale. L’eventuale apertura a questi soggetti implicherebbe pero’ un cambio di peso nell’assetto azionario con il patto attuale che andrebbe a scomparire.