Passera: “Ecco perchè dissi sì alla proposta di Monti”

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“Ho accettato la proposta di Mario Monti e Giorgio Napolitano per tre motivi: la gravità della crisi, la convinzione di avere le competenze utili e la loro credibilità. Ero convinto, e lo sono ancora oggi, che c’era un potenziale di miglioramento, non ho dovuto pensarci molto prima di dire di sì”. Corrado Passera, ex ministro dello Sviluppo economico, spiega così la sua scelta di entrare a far parte del Governo Monti nel 2011. Intervistato da Vittorio Meloni, responsabile Relazioni esterne di Intesa Sanpaolo, in occasione del summit italiano dei direttori della Comunicazione che si è svolto a Milano l’11 luglio 2013, Passera ripercorre le varie fasi della sua storia manageriale (da Olivetti/Omnitel, all’Amborsiano Veneto, a  Poste Poste Italiane e poi a Banca Intesa) intrecciandole con le scelte di comunicazione fatte,  partendo sempre dal presupposto che “la comunicazione deve avere dietro un progetto aziendale e una forte spinta identitaria”.

“Nella mia testa avevo già un piano delle cose da fare al Governo”, dice. “Bisognava salvare l’Italia dallo scivolamento, rifiutare la troika. E c’era un’opportunità strepitosa perchè lo scontento degli italiani era altissimo. In poche settimane siamo riusciti a far cambiare la visione che il mondo aveva del nostro Paese, ma poi la capacità propulsiva è venuta meno e c’è stata una ricaduta nelle ritualità della vecchia politica”.
Passera racconta “le cose belle che sono state realizzate e per le quali ho dovuto prendere decisioni dure”, e le cose che invece “mi sono rimaste sul gozzo”. E a proposito della comunicazione spiega: “Voler concentrare tutto a Palazzo Chigi si è dimostrata una scelta sbagliata, perchè non ha permesso di comunicare la complessità e la vastità dei progetti. All’interno dei singoli ministeri abbiamo dedicato più tempo al lavoro che alla comunicazione”.
Conclude l’intervista rispondendo ad una domanda dei giornalisti sulla bufera politica scoppiata attorno al processo Mediaset: “Chi guarda l’Italia da fuori e vede che si ferma il parlamento si chiede ‘Ma che Paese è?’. Speriamo che questa Seconda Repubblica finisca”.