Oggi 13 settembre i giornalisti dell’edizione cartacea del Corriere della Sera sciopereranno, seguiti il giorno seguente da quelli del sito del quotidiano. Quindi, sabato 14 settembre ci sarà il black out del sistema Corriere.

La decisione è stata presa poco fa dall’assemblea dei giornalisti della testata milanese contro la decisione dell’azienda di mettere in vendita la sede storica di via Solferino, comprendendola nel pacchetto immobiliare oggetto della trattativa avviata in esclusiva da Rcs MediaGroup con il fondo statunitense a Blackstone.
Ecco l’articolo del comitato di redazione che annuncia lo sciopero, apparso a pagina 31 del giornale e disponibile su Corriere.it:
Cari lettori,
domani non troverete in edicola il Corriere della Sera, il vostro giornale. Da mesi il Comitato di redazione sollecita l’amministratore delegato Pietro Scott Jovane a prendere iniziative concrete per rilanciare il giornale e l’intero gruppo Rcs. Ma finora abbiamo sentito solo annunci. Nessuna decisione concreta di investimento. Nessuna decisione strategica, per esempio, sul mondo digitale. I nostri concorrenti, in Italia e nel mondo, galoppano, noi siamo fermi. Abbiamo avuto l’ultimo incontro con l’amministratore delegato mercoledì 11 settembre. Lo avevamo chiesto proprio per discutere di come rispondere alla sfida dell’innovazione tecnologica. Invece il manager si è presentato prospettando la vendita dell’intero immobile in cui hanno sede il Corriere della Sera e la Gazzetta dello Sport. I contorni dell’operazione non seguono alcuna logica economica. L’intenzione è vendere in blocco un immobile collocato nella zona più costosa di Milano (Garibaldi-Moscova-Solferino) al fondo americano Blackstone a un prezzo largamente inferiore ai valori potenziali, per poi riaffittarne una parte a prezzi di mercato, quindi altissimi.
In questo modo l’azienda otterrà il classico piatto di lenticchie per aver svenduto la sede storica di via Solferino 28, lo specchio di un’identità che ha oltre 100 anni di storia. E che costituisce, inoltre, una garanzia economica per tutti i lavoratori dell’azienda.
Il gruppo Rcs è oberato da debiti causati da scelte compiute nel recente passato (vedi acquisto in Spagna del gruppo Recoletos a valori esorbitanti). L’esposizione finanziaria è stata solo parzialmente ridotta con l’aumento di capitale, appena sottoscritto dai soci.
Ma come possono azionisti come Fiat, Mediobanca, Intesa SanPaolo (il nucleo di comando della società) accettare che lo stato patrimoniale della Rcs venga saccheggiato come se il gruppo fosse alla disperazione? Che senso ha sottolineare in continuazione il valore culturale del Corriere e poi consegnare alla finanza speculativa un pezzo dell’identità storica del giornale? Il Cdr chiede di bloccare l’operazione.
Cari lettori, un’altra via esiste e non può che passare da un vero piano industriale che si ponga come primo obiettivo l’aumento dei ricavi. Il Cdr, nei limiti della sue prerogative, farà il possibile perché azienda, direzione editoriale, azionisti mettano subito in campo investimenti, idee editoriali, innovazioni di prodotto.
Il Comitato di redazione del «Corriere della Sera»