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Alla Rai dodici cantieri lavorano per ricostruire e modernizzare l’azienda. Mentre cresce il nervosismo tra i politici per essere stati esclusi dai giochi di potere a Viale Mazzini.

L’EDITORIALE
Finalmente la Scala piena di giovani
“La comunicazione in questo teatro, comunicazione che sembrava diventata inesistente, questa sera è rinata. Grazie a tutti voi”. C’è da rimanere di stucco se anche un tenore di fama come il giovane Vittorio Grigolo, tra una cantata e l’altra del concerto organizzato alla Scala dal sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, per segnare l’apertura della Fashion Week, si rivolge al pubblico e parla non di musica ma di comunicazione. Grigolo ha ragione. La serata è stata una notevole operazione di comunicazione per segnalare il cambio di marcia della moda italiana, con i grandi nomi finalmente schierati a tifare e a lavorare per le sfilate milanesi, che sono insieme il risultato e il seme di un’eccellenza davvero invidiata in tutto il mondo, una fucina di artigiani, di creativi, di veri artisti che riescono sempre a stupire. In sala c’erano quasi tutti, persino Giorgio Armani. Quello stesso Armani che quando uno gli parlava della Camera della moda storceva il nasino e aguzzava gli occhi come un assassino. Ebbene, anche lui non poteva mancare alla celebrazione della moda di Milano con tanto di sindaco e la perfetta organizzazione dell’assessora Cristina Tajani.
Però la cosa ancora più bella era vedere la Scala strapiena di giovani, splendide ragazze e giovanotti azzimati (magari un filo troppo sculettanti), entusiasti ad applaudire il tenore loro coetaneo che alla bella voce unisce simpatia e presenza scenica da cantante pop.
Sì, la comunicazione. E qui, ancora una volta Condé Nast ha dimostrato di essere la regina in campo editoriale, diventando partner del Comune per questo evento internazionale oltre a essere presente su mille altre iniziative. Pensare che solo nel 2008 Anna Wintour, la sussiegosa direttora di Vogue America, invitava a ridurre i giorni delle sfilate milanesi! La crisi della pubblicità le deve aver fatto tornare un po’ di buon senso.
Sì, la comunicazione. Che ormai, piaccia o non piaccia, è diventata elemento chimico dell’atmosfera che respiriamo. Impossibile farne a meno. Buona o cattiva che sia.
Sì, la comunicazione. E papa Francesco continua a rivelarsi magistrale nel campo e siamo felici di aver deciso, prima che scoppiasse ‘lo scandalo Civiltà Cattolica’, di intervistare il suo direttore, padre Antonio Spadaro (vedi pag. 74), che a sua volta ha saputo interrogare papa Bergoglio con grande coraggio e sapienza. Del resto papa Francesco, con la consapevolezza di rivoluzionare il contenuto profondo e secolare degli orientamenti e dei comportamenti di una Chiesa pigra e arresa, comunica e pare disinteressarsi degli effetti speciali della comunicazione. Lui parla. Non media. È una dote rara, perché rende sempre coerente il messaggio e il mezzo, riuscendo ad arrivare subito, senza attese, senza ambiguità ‘pretesche’, senza allusioni teologiche incomprensibili, al cuore di una persona. Cattolico e non cattolico. Colto e inclita.
M’è venuto invece un gran magone a guardare i sedici minuti videoregistrati da Silvio Berlusconi, una meticolosa, ossessiva perfezione nell’orientare ogni frase, ogni gesto a toccare le corde emotive e razionali di tutti i diversi tipi di pubblici che in vent’anni sono entrati, usciti, rientrati e riusciti dal suo ambito di attrazione. Si potrebbe intitolare l’opera ‘la resurrezione’ in pure stile kitsch. Troppo. E non posso non ricordare i tempi in cui ho incontrato, per intervistarlo, Silvio Berlusconi, giovanissimo e cazzutissimo imprenditore che muoveva i primi passi nel mondo televisivo. Era il 1976 e quanto tempo è passato! Possiamo dire che ne abbiamo viste di tutti i colori e ci siamo abituati a tutto. Ma se devo dire la verità, mi piange davvero il cuore nel vedere quel giovanotto pimpante che ricordavo ora ridotto dalla vita e dai truccatori a mascherone tragico.
Sono storie che ci ripassano tra le mani mentre stiamo lavorando al numero speciale per i 40 anni di Prima. Sfogliando le annate, rivedendo i personaggi e ricapitolando le vicende viene da pensare che il mondo dei media e della comunicazione italiana non si è (e non ci ha) risparmiato davvero niente.