Luciano Regolo, ex direttore dell ‘Ora di Calabria, il quotodiano che lo scorso febbraio e’ stato al centro di uno scontro che ha fatto clamore tra la redazione da una parte e l’editore Alfredo Citrigno e lo stampatore Umberto De Rose dall’altra, ha scritto una lunga lettera aperta sul sito Giornalisti Italia (http://www.giornalistitalia.it/regolo-sansonetti-non-stampare-de-rose/) per esprimere il proprio stupore e sdegno a Piero Sansonetti, fondatore e direttore del Garantista ( e in passato prima di Regolo direttore dell’Ora) per aver deciso di stampare l’edizione calabrese del suo quotidiano proprio nella tipografia di De Rose.

Nella vicenda della chiusura dell’Ora De Rose, creditore verso la C&C dell’editore Citrigno di 600mila euro, ha avuto infatti un ruolo determinante come racconta Regolo, che ricorda la telefonata, nella notte tra il 18 e il 19 febbraio, dello stampatore a Citrigno per impedire che l’Ora della Calabria uscisse con la notizia dell’indagine aperta su Andrea Gentile, il figlio del senatore Tonino Gentile – “devi dire a questo cazzo di Regolo che deve togliere questa cazza di notizia perché chi poi fa male a te, fa male pure a lui e al giornale, e perché? Per un prurito di sedere!’ – e che di fronte alla resistenza del direttore e della redazione inventò un guasto alla rotativa, mai avvenuto, secondo la perizia disposta dalla procura cosentina. A seguito di quei comportamenti De Rose è imputato per violenza privata.
Regolo ricordando con orgoglio “non solo la denuncia pubblica con cui ci opponemmo alla squallida censura decisa da De Rose”, cui segui con ancora piu’ rumore la protesta per la “nomina del senatore Gentile a sottosegretario poco tempo dopo quello scandalo”, si chiede come alcuni giornalisti che all’Ora che si erano fortemente mobilitati nella battaglia «È l’Ora della dignità» contro la possibilita che De Rose subentrasse a Citrigno nella proprieta’ del giornale e che adesso sono approdati al Garantista, vivano il fatto di avere De Rosa come stampatore.
“Più volte ho sottolineato”, scrive nel suo lungo intervento Regolo, “come la necessità economica, specialmente nel giornalismo locale, segnato dal precariato e da atteggiamenti ai confini della legalità dei vari editori, renda difficile, molto più difficile che altrove, l’opposizione a certi sistemi. È arduo scegliere di mettere a rischio un posto di lavoro per difendere i diritti e la libertà quando si hanno cogenti bisogni personali e familiari ai quali far fronte. È faticoso opporsi a determinate decisioni quando magari vengono presentate come l’unica via possibile per la sopravvivenza stessa della testata. Rammento che durante l’occupazione, attraverso vari messi, venne presentata anche a me la possibilità di ritornare in edicola, con De Rose nel ruolo non solo di stampatore, ma anche di sovventore aziendale. Quando respinsi con decisione questa ipotesi, in nome della giustizia, della libertà e della dignità, ma anche per rispetto dei lettori, mi venne detto di pensarci bene perché avrei compromesso la possibilità di un reimpiego anche per i miei colleghi non essendo facile trovare un altro posto di lavoro in Calabria. Per un attimo mi sentii in crisi, sapevo bene che i costi per tenere in piedi un organico di giornalisti adeguato a una testata regionale sono praticamente impossibili vista la scarsa rispondenza dell’edicola nel mercato editoriale calabrese. Ma poi proprio per rispetto a quanto gli stessi colleghi mi avevano riferito sul loro passato, alla stanchezza e alla sofferenza che avevo colto nei loro volti oltre che nelle loro parole, fui ancora più convinto del mio “no”. Un giornale con lo zampino di De Rose, in qualunque modo ne fosse stato coinvolto, equivaleva alla vanificazione non solo della lotta che avevamo condotto, ma dell’essenza stessa della nostra professione”.
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