Il Sole 24 Ore 09/11/2014- Prima l’attacco del presidente degli editori Maurizio Costa; poi la replica di Google. Uno a uno, palla al centro? Nient’affatto. «La risposta di Google, molto cauta e difensiva ricorda l’aiuto che danno agli editori in termini di contatti e revenue. Ebbene, non mi sembra che da parte degli editori ci sia tanto entusiasmo. Esattamente il contrario.In Germania il più grande editore, Axel Springer, è tornato sui suoi passi ripermettendo la pubblicazione di contenuti su Google news perché, ha dichiarato, non poteva farne a meno. Un problema ci sarà o no?». Fosse un dibattito parlamentare, Costa, presidente Fieg, si direbbe insoddisfatto della risposta di Mountain View alle critiche degli ultimi giorni.

Si è partiti con le dichiarazioni durante un convegno a Milano (si veda Il Sole 24 Ore di martedì 4 novembre), riprese poi nell’intervista pubblicata da Repubblica venerdì, fino alla replica della multinazionale secondo cui: «La verità è che Google invia ogni mese 10 miliardi di clic agli editori di tutto il mondo». E in più: «Attraverso il programma AdSense, nel 2013 abbiamo ridistribuito 9 miliardi di dollari agli editori di tutto il mondo».
Presidente Costa, se ci sono ricavi aggiuntivi perché prendersela con Google? È un meccanismo da cui l’editoria potrebbe trarre profitto?
Non possiamo fermarci a prendere per buoni analisi e commenti superficiali. Quello che dice Google, e cioè “io faccio un servizio e se non ne volete usufruire non ne usufruite”, presenta un difetto ab origine se, come accaduto in Germania, gli editori tedeschi hanno dovuto retrocedere dalle loro posizioni. Quando di un servizio non si può fare a meno, qualche domanda occorre farsela. La divisione dei ricavi è determinata da loro. La ripartizione è nelle loro mani. Non mi sembra che siano queste le condizioni del libero mercato. E infatti Google, come denunciato dagli editori europei, detiene in Europa il 90% del mercato del search.
Beh, in Francia Google ha raggiunto un accordo da 60 milioni con gli editori.
Che gli stessi editori ritengono insufficiente. In Germania poi c’è stata una legge e una presa di posizione molto forte da parte degli editori. In Spagna è arrivata una legge ad hoc. Ecco, credo che al di là delle affermazioni di grande serenità Google sia molto preoccupata dell’onda di consapevolezza che sta arrivando in Europa. Anche perché mi sono sembrate abbastanza chiare in tal senso anche le recenti prese di posizione della nuova commissaria europea alla Concorrenza Vestager e del nuovo commissario all’Economia digitale Oettinger.
A questo punto si aspetta una legge in Italia sull’esempio di quella spagnola?
Il tema va visto all’interno di un quadro europeo. Quel che è certo è che ci sono tre punti ineludibili sui quali Google deve dare risposta. Innanzitutto la trasparenza sui ricavi. Alcune stime non contestate indicano oltre un miliardo di ricavi in termini di raccolta pubblicitaria, cioè tanto quanto quotidiani e periodici messi insieme. Conoscerli sarebbe indispensabile. A questo si lega il secondo punto, e cioè quello fiscale visto che ai ricavi italiani non corrispondono in alcun modo tasse pagate in Italia. Questo secondo punto è particolarmente rilevante proprio perché in queste ore sta giustamente crescendo la sensibilità europea sul tema. E poco vale la considerazione che l’Irlanda, paradiso fiscale da cui Google opera, è fuori dalla Ue. Formalmente è così, ma in termini sostanziali il problema è identico. Ultimo, ma non ultimo c’è il tema dell’algoritmo, cioè la formula utilizzata per dare gerarchie alle informazioni. Da questo dipendono temi rilevantissimi come le politiche commerciali e anche, aspetto ancor più delicato, profili che riguardano la privacy. C’è poi un’altra questione sulla quale essere voglio essere particolarmente chiaro.
Quale?
La nostre non sono assolutamente posizioni conservatrici e di retroguardia. Noi non siamo contro il digitale, ma convintamente a favore. E quindi ribadisco la mia proposta di investire i proventi derivanti da un recupero dell’elusione fiscale per lo sviluppo della banda larga e ultralarga.
Questo però non aiuterebbe i conti delle società editoriali.
Quello è un altro discorso, legato al sacrosanto riconoscimento del lavoro dei professionisti della comunicazione nella produzione dei contenuti. L’editoria è diventata ciò che è attualmente quando dal mecenatismo si è passati alla produzione pagata di contenuti. Il tema dell’appropriazione di materiale altrui va disciplinato. E io ritengo che considerare quello che offre Google più come un servizio agli editori che come appropriazione indebita sia un approccio profondamente falso.
Lei è presidente della Fieg dal 1° luglio. Quella contro Google è stata la sua prima presa di posizione forte. Considera questo il problema principale per l’editoria italiana?
È uno dei problemi, non il solo problema, di certo. Ci sono altri temi importanti che dobbiamo affrontare, a partire da quello della modernizzazione della filiera distributiva e delle edicole. Questo tema è in fase di approfondimento con le organizzazioni dei distributori. E dovremo affrontarlo anche con quella degli edicolanti. A questo proposito voglio aggiungere che ritengo lo sviluppo digitale delle aziende editoriali un arricchimento e un fattore competitivo che si addice di più ad alcune realtà e meno ad altre, per ora, come i quotidiani locali e i periodici. Non sono però fra coloro che pensano che le versioni cartacee siano destinate a scomparire. Anzi necessitano di servizi efficienti.
Se dovessimo trovarci a parlare l’anno prossimo di questi tempi, ci troveremo ancora davanti a casi di giornali che vedono aggravarsi il loro stato di crisi?
Temo di sì, non voglio esprimere un ottimismo che sarebbe di maniera. Ritengo però che la situazione sia arrivata a uno snodo evolutivo. E questa tanto travagliata editoria continua a essere protagonista dell’informazione. Ci sono oltre 20 milioni di persone al giorno che si informano in maniera qualificata. E lo fanno pagando l’informazione di qualità, certificata, approfondita che solo le realtà editoriali possono dare. E su queste tematiche pensiamo a iniziative comuni di sensibilizzazione nei prossimi mesi sia con il mondo dei libri sia con gli altri editori europei.
Se l’aspetta a questo punto una chiamata da Renzi sul caso Google?
Non lo so (ride, ndr.). Ma nel Governo i nostri interlocutori hanno mostrato grande sensibilità alle tematiche dell’editoria.
Se l’aspetta una chiamata da Eric Schmidt?
Anche qui non saprei. Sappia comunque che incontrerebbe un interlocutore pronto a discutere. Ma partendo da posizioni chiare, trasparenti e in linea con quanto condiviso a livello europeo dagli editori.