Da Giornalettismo: Conosco Mario Adinolfi da tanti anni, abbiamo lavorato insieme per un lustro, è stato il mio vicedirettore prima a Nessuno.tv poi a Red.tv. Abbiamo lavorato gomito a gomito, spesso nel passato sono stato il coordinatore di tante sue trasmissioni televisive.
Ne ho seguito tutte le vicende politiche, il breve periodo da Parlamentare, il sostegno a Matteo Renzi alle primarie del 2012 contro Bersani, l’addio al Partito Democratico. Oggi si lancia in una nuova avventura, un quotidiano cartaceo, in un momento in cui la stampa non gode di buona salute, e con un nome “La Croce“, con un illustre riferimento francese, ma che “pesa” sull’impronta editoriale del giornale. Oggi è nato il sito web, domani, martedì 13 gennaio, l’esordio nelle edicole.

Sono andato a trovarlo, per capire il perché di questa nuova avventura, che tante polemiche sta scatenando.
Mario, perché un giornale cartaceo. Solo negli ultimi mesi quotidiani, anche prestigiosi, hanno dovuto chiudere. Di successi in questo campo se ne ricordano pochi. Perché anche te, che al web è molto legato, scegli il cartaceo?
Intanto perché abbiamo qualcosa da dire a tanti, vorrei dire a tutti, anche a molta gente che non è a suo agio con il web. La Croce Quotidiano ha questa ambizione, inventare qualcosa che nel giornalismo italiano ancora non s’è mai visto: un gruppo di lavoro per la stragrande maggioranza proveniente dal mondo della rete, che costruisce un prodotto che ha anche aspetti tradizionali. Tutta la campagna di preabbonamenti è stata svolta solo sui social network e Social Network si chiama la nostra società editrice. Allo stesso tempo pubblichiamo un prodotto cartaceo, tutti i giorni, nei mesi in cui uno dopo l’altro hanno chiuso testate storiche come l’Unità, la Padania, Europa e il ben fatto Pagina 99. Molte di quelle testate poi usavano fondi pubblici, che non bastati a salvarle. Noi abbiamo anche rifiutato ogni finanziamento statale. Ci interessa comunicare delle idee che attraverso la carta vengono veicolate anche in un mondo del giornalismo che non ci avrebbe dato retta se fossimo stati un ennesimo sito web. Ora siamo dei pari grado, non potranno ignorarci, anche perché avranno bisogno di noi e della nostra voce libera. Certo, ci consentiremo qualche sfizio da web-maniacs: saremo il primo quotidiano cartaceo al mondo ad adottare sistematicamente gli hashtag nei titoli. Così i nostri lettori sapranno a colpo d’occhio di cosa parliamo in ogni singolo articolo.
Ma quindi, in Italia, far partire una discussione che riguardi le elite di questo paese non è possibile?
Ad oggi non è possibile. La crisi dei giornali cartacei comunque la considero irreversibile, tra vent’anni quasi non esisteranno più e tra dieci noi saremo solo on line. Per dieci anni però produrremo un giornale cartaceo. Nel 2025 lo scenario sarà diverso e ci adatteremo.
Qual è l’obiettivo della Croce e perché dovrebbe riuscire dove per esempio ha fallito Telese con Pubblico?
Sono testate completamente diverse. La Croce parla a un popolo che si è rotto le scatole di sussurrare e di subire attorno a temi decisivi della convivenza umana. Li chiamo i “temi essenziali”: la nascita, l’amore, la morte. E’ in atto un’offensiva antropologica che vuole trasformare le persone in cose, con falsi miti di progresso come l’eutanasia, l’utero in affitto, la neoeugenetica. Tutto a danni dei soggetti più deboli: i bambini nati e nascituri, le donne povere del pianeta sfruttate da coppie gay e etero che ne comprano gli ovuli e ne umiliano la maternità affittandosela, gli anziani e i malati che invece di essere curati devono essere ammazzati, affinché il dolore non sia visibile e non ci disturbi. Questo occidente post-valoriale e post-religioso ha tratti disumani, non a caso ha facile presa l’ideologia fondamentalista che tanti danni provoca come si è visto anche con i fatti di Parigi. Un quotidiano che tratti questi temi credo sia necessario. Credo anche che avrà un certo successo narrando e anche ricostruendo un’identità valoriale andata perduta, rifugiandoci sotto un segno, la Croce, che ancora oggi è il più forte e scandaloso segno che l’uomo abbia conosciuto di liberazione dalla schiavitù.
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