“Un giornale più denso, fedele alla grande tradizione dell’Espresso “. Il direttore Luigi Vicinanza racconta a Repubblica.it il numero che troverete in edicola domani, ripensato nella grafica e nei contenuti. La testata, ingrandita, torna di colore rosso su sfondo bianco, come agli inizi. “Compiamo 60 anni. Riscopriamo il piacere di raccontare l’Italia”.
Direttore, cosa cambia?

“Lo sfoglio viene suddiviso in due parti. Le hardnews, i temi da battaglia, all’inizio: la storia di copertina, le grandi interviste (questa settimana a Matteo Renzi), le esclusive, le rubriche delle grandi firme, da Roberto Saviano, l’anima civile, a Michele Serra, lo spirito caustico. Poi, al centro, ecco il reportage fotografico. Quindi la ricca sezione culturale, con tanto spazio dedicato al web. Si chiude sempre con il commento di Eugenio Scalfari o Umberto Eco”.
Viene abolita la tradizionale divisione per settori. Come mai?
“Perché il taglio delle notizie dev’essere trasversale. La guerra in Libia o la crisi in Grecia non sono soltanto un fatto di politica estera o di economia, ma offrono più letture, viste da più angolazioni”.
Perché cambiare formula?
“Perché è giusto adeguare il settimanale al cambiamento dei gusti e delle abitudini dei lettori. Quando ero ragazzo c’erano due appuntamenti con l’informazione: l’acquisto del giornale in edicola e poi il tg serale. Oggi siamo travolti da un flusso ininterrotto. La nostra sfida consiste nel riportare a unità questioni complesse”.
Ormai anche i siti online settimanalizzano. Che spazi restano al newsmagazine?
“Lo spazio è quello dell’inchiesta. Pensiamo alla recente copertina sui 100mila immigrati spariti, frutto di un viaggio di tremila chilometri, dalla Sicilia al Friuli Venezia Giulia. Ai miei dico spesso: ora che tutti settimanalizzano noi dobbiamo mensilizzare”.
Come sarà l’integrazione con il sito?
“Faccio un esempio. Il via libera alla pubblicazione della lista Falciani arrivò alle 22 di domenica 8 febbraio, non potevano che darla sul sito. Nei giorni successivi abbiamo continuato a lavorarci online. Venerdì siamo usciti in edicola. Bene, il web non aveva cannibalizzato la carta, anzi. La morale è che dobbiamo sempre essere laddove sono i lettori”.
Qual è la cifra dell’Espresso?
“La laicità. Anche nel raccontare le cose. Dopo l’inchiesta sugli immigrati di cui si perdono le tracce qualcuno mi ha rimproverato di aver fatto così un favore a Salvini, ma per me i fatti vengono prima di tutto”.
L’editoriale di Luigi Vicinanza
L’Espresso essenziale
. Oggi come ieri
Un giornale nuovo nella forma. Ma fedele a un patto con voi lettori che dura da 60 anni. Notizie, battaglia delle idee. Attenzione al Paese che cambia
“L’ESPRESSO” si rinnova. “L’Espresso” resta se stesso. Scusate se parliamo di noi, ma il numero che trovate in edicola si presenta in una veste nuova. Intendiamo così festeggiare i 60 anni del giornale. Un anniversario molto gratificante in un mondo dell’informazione in continua trasformazione.
Il primo numero de “l’Espresso” porta la data del 2 ottobre 1955, la tv italiana era appena nata. Il settimanale fondato da Arrigo Benedetti ed Eugenio Scalfari, con il mitico formato “lenzuolo”, ha dato vita a un’esperienza giornalistica innovativa e duratura, destinata a influenzare il linguaggio politico e culturale del Paese come a pochi altri è riuscito. Un impegno civile da cui è nato un grande gruppo editoriale. Ne ripercorreremo le tappe con la pubblicazione di 12 volumi settimanali, a partire da venerdì 13 marzo, ciascuno dedicato a un quinquennio della vita del giornale. Il progetto, curato da Bruno Manfellotto, consente di rileggere gli scritti di grandi intellettuali – Pasolini, Calvino, Flaiano, Sartre… – rivedere foto strepitose, studiare in tempi di memoria debole la storia politica e sociale del Paese.
“L’Espresso” nasce per affermare il valore dell’innovazione, ricorda Scalfari. Questo giornale appare come l’icona più immaginifica del giornalismo italiano. “Capitale corrotta = Nazione infetta” è un titolo del 1955, entrato nella storia. E maledettamente attuale 60 anni dopo. Così come sono impresse nella memoria della generazione dei baby boomers le copertine in difesa dei diritti civili: divorzio, aborto, emancipazione femminile. Campagne memorabili contro le degenerazioni della politica, la corruzione delle classi dirigenti, la piaga dell’evasione fiscale. In difesa delle istituzioni repubblicane nel rispetto di un codice sempre attuale: laicità, democrazia, antifascismo.
Ogni direttore de “l’Espresso” ha lasciato una propria impronta lavorando con la redazione e le grandi firme che vi collaborano. Ma l’identità del giornale è rimasta fedele a quel patto costituente siglato con i lettori 60 anni fa. News: tante, forti, esclusive. E al tempo stesso battaglia delle idee. Curiosità nel raccontare le trasformazioni del Paese, senza pregiudizi né soggezione nei confronti di nessuno. Ieri come oggi.
“L’ESSENZIALE PER CAPIRE” è lo slogan scelto per presentare il nuovo progetto editoriale realizzato a partire da questo numero. Viviamo in un’epoca in cui il lettore è inseguito da un flusso continuo di notizie: in tv, sul web, attraverso i social, persino nelle stazioni della metro. Informazioni senza gerarchia di importanza, senza analisi, a volte senza senso.
Abbiamo deciso di dividere il giornale in due parti, ben separate già dal colore dei titoli. Nella prima le “hard news”, saltando le distinzioni tra le tradizionali sezioni in cui si articola un giornale – attualità, politica, mondo, economia – ma con un intreccio di competenze per provare a spiegare nel modo migliore e più chiaro possibile questioni complesse. L’essenziale per capire, appunto. La sezione si chiude con “Glocal”, un panorama veloce di quel che accade nel mondo e nella provincia italiana.
Dopo il reportage, con fotografie esclusive e potenti, si entra nella seconda parte del giornale occupata dalle culture, al plurale, intendendo così rappresentare la ricchezza del pensiero contemporaneo fondato su conoscenze umanistiche, scientifiche, tecnologiche. Una sezione “di grazia”, segnata dal colore blu, completata dalle rubriche letterarie e dalle recensioni.
Della copertina, vi accorgerete, abbiamo leggermente ingrandito la testata, ribaltando i colori; il rosso de “l’Espresso” spicca di più sul fondo bianco. Come 60 anni fa quando – non c’era la stampa a colore – la testata nera campeggiava sul grande foglio bianco. L’ambizione: rinnovare i linguaggi giornalistici preservando l’identità inimitabile del giornale. Il cui spirito è sempre lo stesso. Cambiano le tecnologie, non i valori costitutivi. Ecco allora una sempre più stretta integrazione tra il giornale di carta e quello online, perché “l’Espresso” è uno, quale sia lo strumento per diffondere notizie e idee. Lo si è visto con la lista Falciani: la nostra inchiesta è partita prima sul sito per poi essere rilanciata sul settimanale. Diventando un caso nazionale.
È un impegno totale, emozionante, sorretti da una comunità di cittadini attenti e critici riuniti intorno alla nostra testata. Da sessant’anni unica.