La tv fa perdere preziose ore di sonno agli spagnoli. Il ministero della sanità chiede di anticipare i programmi della prima serata

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Retaggio culturale del flemmatico carattere andaluso, questioni di fuso orario o semplice logica commerciale? Probabilemente tutte e tre. In Spagna, si sa, i ritmi di vita sono molto diversi da quelli del resto dell’Europa – Italia compresa – e la fruizione televisiva non fa certo eccezione. Mentre nei paesi del Nord il prime time si chiude addirittura alle 21.30, in Spagna inizia alle 23 e si protrae anche sino alle 2.30 di notte, con ovvie ripercussioni sulle ore di riposo dei telespettatori – che dormono in media 53 minuti in meno rispetto ai loro concittadini europei.

Ritmi di vita consolidati, si diceva, che però hanno radici inaspettatamente ideologiche. Il paese infatti, pur essendo all’altezza del meridiano di Greenwich, ha il fuso orario dell’Europa centrale. Nessun errore geografico, fu una scelta ideologica del Generalissimo Franco che, per compiacere Hitler e rimarcare la distanza politica dalla liberale Gran Bretagna, scelse di adottare il fuso dell’alleato tedesco.

Alfonso Alonso, ministro della sanità

Il ministero della sanità è intervenuto per tentare di modificare l’attuale situazione, sottolineando come questa stia influendo negativamente sulla salute degli spagnoli. L’invito del dicastero è stato raccolto solo dal servizio pubblico, Tve, che ha deciso di anticipare alle 22 l’inizio dei programmi della prima serata. I grandi gruppi delle tv private, Mediaset España e Atresmedia, impegnate nella guerra degli ascolti si guardano bene dal prendere in considerazione l’appello del governo.
Come sempre sarà il pubblico a decidere se dovranno prevalere le logiche commerciali o quelle legate al benessere.