A metà pomeriggio il consiglio dei ministri di domani non è stato ancora convocato, il che mantiene in forse la presentazione del disegno di legge di riforma della governance Rai. O almeno delle linee guida, che però il premier Matteo Renzi sta discutendo a Palazzo Chigi con il sottosegretario allo Sviluppo Giacomelli. Una rimessa a punto rispetto alla bozza di proposta illustrata due settimane fa.

Ma a mettere i bastoni fra le ruote, ovvero sulle intenzioni del premier di procedere spedito sulla riforma Rai (mantenendo l’ipotesi decreto come spauracchio per non perdere tempo) è stata la minoranza Pd. Annunciata da un’intervista a Gianni Cuperlo su Repubblica (“Sulla Rai, bisogna che ci sia un diaframma tra governo e consiglio di amministrazione”, aveva detto), a stretto giro è stato depositato al Senato (dove è incardinata la proposta del socialista Buemi) un disegno di legge sulla governance Rai basata sul sistema duale, ovvero con un consiglio di sorveglianza e uno di gestione, così da superare i criteri di nomina della legge Gasparri. Il primo firmatario del ddl è Federico Fornaro (Pd), componente della commissione di Vigilanza Rai.Il ddl è stato sottoscritto anche da Martini, Gotor, Chiti, D’Adda, Gatti, Guerra, Lai, Lo Moro, Manassero, Migliavacca e Pegorer, tutti senatori Pd, molti dei quali esponenti della minoranza interna. Salgono così a due le proposte Pd sulla Rai (questa e quella Anzaldi) in attesa di quella del premier.
Il cavallo di Troia
Al di là del merito, fra i parlamentari renziani la mossa della sinistra dem viene letta come l’ingresso di un Cavallo di Troia, più che di viale Mazzini, per far esplodere le contraddizioni nel partito e bloccare la corsa di Renzi, soprattutto sulla legge elettorale. E come un colpo studiato per ostacolare la riforma renziana sulla tv pubblica. Lo dice chiaramente Michele Anzaldi, deputato, in un tweet: “Improvviso attivismo su riforma Rai poco prima che governo presenti il annunciato Ddl tradisce volontà rinominare Cda con Legge Gasparri. Umiliante”.
Qualcosa non detto a caso dal deputato renziano, almeno come sfida verso la minoranza. Come dire, nei panni del premier se mi impedite di andare avanti con un disegno di legge con la mia proposta, altro che decreto, potrebbe restare tutto com’è e nominare i nuovi vertici Rai con la legge Gasparri. Con la quale Renzi potrebbe fare il pieno nel Cda di viale Mazzini.
La polemica
Ma la polemica interna al Pd ieri è esplosa: “Sono stupita dalla decisione di alcuni colleghi della minoranza Pd di presentare un ddl sulla Rai, alle porte della riforma annunciata dal governo Renzi. E’ sicuramente un attivismo sospetto”, dichiara la senatrice Laura Cantini, “come ha detto il deputato Michele Anzaldi. La minoranza sembra essere sempre più a caccia di visibilità ed animata dalla voglia di indebolire le riforme del governo”, quando “in una recente riunione del partito avevamo deciso un percorso comune”, ora “disatteso”, ricorda Cantini. Lo stesso Cuperlo nell’intervista aveva detto “non vogliamo certo sabotarlo” – il ddl renziano – “ma portare il nostro contributo”.
I senatori della minoranza Pd parlano di “attacchi scomposti e fuori luogo”, così Fornaro e Pegorer colgono l’occasione per rinnovare la critica di autoritarismo al leader del partito: “Scambiare una normale attività di alcuni parlamentari come un attacco di lesa maestà la dice lunga sull’idea del funzionamento della democrazia che hanno alcuni che non perdono occasione per apparire ‘più realisti del re’ e per cercare, loro sì, qualche sprazzo di visibilita’.
La proposta del governo
Nel cdm di venerdì, ammesso che ci sia, potrebbero essere presentate le linee guida della riforma Rai. Resta quella di un modello da Spa tradizionale, con un amministratore delegato con pieni poteri (indicato dall’azionista, il Tesoro), e un Cda a sette: quattro membri scelti dal Parlamento (due alla Camera e due al Senato, anche se delle Regioni, corretto lo scivolone sulle Camere congiunte per le quali sarebbe stata necessaria un modifica costituzionale), due indicati dal Tesoro, uno come rappresentante dei dipendenti Rai. E un presidente scelto fra questi. Una proposta che poi dovrebbe essere rivista dai parlamentari democratici.
Il ddl della minoranza dem
Nella sostanza il ddl della minoranza Pd illustrato da Fornaro prevede “che il consiglio di Sorveglianza sia composto da undici componenti. Il Presidente nominato dal Parlamento, d’intesa tra i presidenti della Camera e del Senato, sei membri indicati dal Parlamento, di cui tre dalla Camera e tre dal Senato, con tutela delle minoranze, due indicati dall’assemblea degli azionisti, fra personalita’ in possesso dei requisiti professionali in materia di controllo societario, che faranno poi parte del Comitato di Controllo Interno, due eletti dai dipendenti, di cui uno tra i giornalisti”. “Il consiglio di Gestione, invece, eletto dal consiglio di Sorveglianza” è di tre membri: “Il presidente, che assume anche i poteri del consigliere delegato e ha la rappresentanza legale della Rai spa e due componenti in possesso di requisiti professionali nella gestione di imprese con fatturato e numero di dipendenti paragonabile alla Rai-Radiotelevisione italiana Spa. Il presidente del Consiglio di Gestione è eletto dal consiglio di Sorveglianza recependo l’indicazione dell’azionista”.
Natalia Lombardo