In una lunga intervista sull’ultimo numero di Prima comunicazione – da oggi su smartphone e tablet e in edicola a Milano da domani sabato 28 e a Roma e nel resto d’Italia da martedì 31 – Urbano Cairo racconta le sue politiche editoriali sulla carta stampata, che lo hanno portato a essere l’editore capofila per copie vendute in edicola, con ricavi di 73,5 milioni di euro, vantando una marginalità positiva di 14 milioni. E anche le scelte fatte nel settore televisivo dove La7 srl segna, alla fine del secondo anno della gestione, un Ebitda in attivo di 9 milioni rispetto a una perdita di 24,4 milioni nei dodici mesi del 2013.
“In edicola abbiamo ricavi per 73,5 milioni di euro, nel 2008 erano 70,5 e nel frattempo il mercato è sceso del 41%”, dice Cairo. “E questo perché investiamo in tutti i settori di attività di un editore di periodici”, e spiega: “Abbiamo tenuto i prezzi a un livello competitivo mantenendo un euro come prezzo di copertina. Investiamo nelle tirature delle nostre testate per fare in modo che i lettori le trovino dappertutto”. Inoltre insiste “Credo di poter dire che siamo l’unico editore che mantiene le foliazioni sempre a un livello importante: quella redazionale non scende mai sotto le 105 e le 110 pagine a cui si aggiungono le 40/60 pagine di pubblicità”. Per quanto riguarda La7, Cairo ribadisce l’importanza di difendere la qualità del prodotto. “E’ vero, abbiamo dovuto tagliare i costi, soprattutto gli sprechi e le inefficienze, ma abbiamo mantenuto tutti i conduttori e giornalisti più prestigiosi, Enrico Mentana, Lilly Gruber, Santoro, Formigli, oltre al formidabile Maurizio Crozza. E non voglio dimenticare le instancabili e bravissime Tiziana Panella e Myrta Merlino. E ne abbiamo ingaggiati di nuovi come Giovanni Floris”.
L’orgoglio di Cairo è di aver lavorato sui “sui costi generali, chiudendo programmi che non funzionavano, ma tutelando la forza lavoro, tant’è che non abbiamo mandato a casa nessuno né siamo ricorsi a cassa integrazione o a prepensionamenti. Stiamo parlando di 420 persone più alcune figure (poche) a tempo determinato con un costo complessivo di 34 milioni, pari al 30% del fatturato. Sempre per dare un’idea di che ordine stiamo parlando, ricordo che a Mediaset il personale pesa il 17%”.
Mentre l’editore sta pensando a nuovi canali da lanciare utilizzando le frequenze acquistate nel 2014 – allo studio c’è il Toro Channel, utile sponda per il Torino calcio, la squadra di cui è presidente dalla stagione 2004-2005 –, Cairo è impegnato nella battaglia per conquistare nuovi spazi alle sue televisioni sul fronte pubblicitario, un mercato in cui la competizione si è fatta durissima anche per la guerra degli sconti che si è aperta tra Rai e Mediaset. Un tema su cui Cairo va giù durissimo accusando la Rai “di fare una politica di sconti esagerata deprezzando tutto il mercato”. “Tutti sappiamo della grande anomalia italiana: una Rai che incamera un miliardo e 600milioni di euro di canone, ma anche 700 milioni di pubblicità. Una cosa impensabile in Paesi come la Francia o la Germania dove per le televisioni pubbliche ci sono regole molte restrittive (possono mandare in onda la pubblicità solo fino alle 20 di sera) o in Inghilterra dove la Bbc vive solo di canone”, dice Cairo, che alla domanda di che cosa pensa del progetto governativo di togliere la pubblicità a una delle tre reti Rai, considerato da alcuni un aiutino a Mediaset, risponde netto: “Ma quale aiutino? Io dico che oltre a togliere pubblicità a una rete Rai si dovrebbero limitare gli spazi pubblicitari a disposizione di Viale Mazzini. Togliere la pubblicità alla Rai non è un favore a Mediaset ma a tutto il mercato, stampa compresa. Il tema vero è quello di avere un costo contatto, un costo grp adeguato alla qualità di ascoltatori o di contatti. Il costo contatto in Italia è il più basso che ci sia in Europa. La metà di quello tedesco, il 40% in meno di quello francese e quasi la metà di quello inglese”.
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L’articolo integrale è sul mensile Prima Comunicazione n. 459 – Marzo 2015