Claudio Giua, direttore sviluppo e innovazione del Gruppo Espresso: Le accuse della Ue a Google riguardano la vita di ciascuno di noi

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Claudio Giua, direttore sviluppo e innovazione del Gruppo Espresso, sull’HuffPost Italia affronta il tema scottante della presunto abuso di posizione dominante di Google: Le accuse della Ue a Google riguardano la vita di ciascuno di noi 

Claudio Giua
Claudio Giua

L’accusa formale dell’Unione Europea a Google di abuso di posizione dominante non è faccenda per soli addetti ai lavori. Riguarda ciascuno di noi perché i principali operatori della Rete hanno inciso e incidono in misura significativa sulle relazioni e sulle attività umane. Google, Amazon, Facebook, Apple hanno determinato cambiamenti profondi e definitivi nei comportamenti e nei rapporti di miliardi di persone. Tutto ciò grazie a usabilità e pervasività talmente straordinarie da renderli indispensabili. Nel bene e nel male.

Finora legislatori e regolatori nazionali e sovranazionali non hanno nemmeno tentato di comprendere per tempo quando andava accadendo nell’universo digitale, cosicché sono bastati pochi anni per trasformare in fenomeni trasversali e globali il rivoluzionario motore di ricerca, il quasi monopolista dell’ecommerce, il principale social network, il più innovativo ideatore di prodotti hardware e software e altri operatori. Pochi si sono chiesti chi dovesse intervenire prima che quei cambiamenti diventassero irreversibili con conseguenze economiche, politiche e culturali di cui solo ora abbiamo qualche consapevolezza. Per anni, anzi, chiunque avanzasse il minimo dubbio su quanto fossero buoni, disinteressati e altruisti i cosiddetti Over The Top (OTT) veniva accusato di passatismo e conservatorismo. Senza rendersi conto che a costruire tassello per tassello le icone positive di Big G. & Co. erano schiere di esperti in comunicazione.

Non era e non è così. La nuova Commissione Europea è convinta – nelle parole della responsabile alla Concorrenza, la danese Margrethe Vestager – che l’inchiesta quinquennale su Google abbia già confermato le preoccupazioni di alcuni operatori, pochi politici e molti cittadini. Dunque, la società fondata da Larry Page e Sergey Brin dovrà cambiare le proprie modalità operative, almeno in Europa.

Ma Vestager va oltre. Le accuse formalizzate oggi sono più articolate di quanto ci si aspettasse. Il commissario ha rapidamente digerito il lungo e infruttuoso lavoro istruttorio del predecessore, lo spagnolo Joaquin Almunia, e ha aggiunto parecchio di suo. Di fatto sono state annunciate due procedure diverse: uno Statement of Objection con l’accusa di “abuso di posizione dominante nel mercato della ricerca su Internet” e una nuova istruttoria sul sistema operativo mobile Android. In altre parole, la commissione ha accertato che Google ha abusato per anni del monopolio sostanziale nelle ricerche web – in Italia controlla ben oltre il 90 per cento del relativo mercato – a scapito dei concorrenti. Si tratta di un’ipotesi avanzata cinque anni fa davanti all’Antitrust di Bruxelles da aziende di vari settori – mappe, viaggi, comparazione prezzi – secondo le quali Google devia il traffico dai rivali per favorire i propri prodotti e servizi. Se i legali di Mountain View non faranno il miracolo di far cambiare idea a Vestager e al presidente Juncker, la società potrebbe essere chiamata a pagare fino a sei miliardi di euro di multa, ossia il 10 per cento del suo fatturato annuale. La più costosa multa riscossa dalla UE è di sei anni fa: 1,1 miliardi di euro scuciti a Intel per abuso di posizione dominante del mercato dei chip.

In più, secondo il team dell’Antitrust europeo, bisogna adesso accertare se Google ha contrattualmente costretto i produttori di cellulari che adottano il suo sistema operativo Android a collocare YouTube e altre applicazioni di Google in posizioni di rilievo nel menu. Android, che viene installato da Samsung e altri produttori, ha una quota di mercato pari all’81 per cento, contro il 15 di Apple e il 3 di Microsoft. “Gli smartphone, i tablet e i dispositivi simili svolgono un ruolo sempre più importante nella vita quotidiana”, ha detto Vestager. “Vogliamo assicurarci che questo settore possa crescere senza vincoli anticoncorrenziali imposti da qualsiasi società”.

Attaccando direttamente le due principali aree di business di Google, che sono la search e il sistema operativo mobile, Vestager mette in discussione le modalità con cui vengono offerti al pubblico servizi digitali popolarissimi, dalla navigazione alla ricerca delle offerte più vantaggiose, dall’utilizzo dello smartphone o del tablet per guardare i film alla comunicazione live online. Il messaggio subliminale agli OTT è chiaro: la ricreazione è finita. La tempestività dell’annuncio del commissario, da oggi in visita negli Stati Uniti, rende altrettanto evidente la volontà di far precedere la partenza per Washington dall’annncio di misure che metteranno in allarme la lobby parlamentare protezionista e il Dipartimento di Stato, entrambi vicini a Eric Schmidt, ex amministratore delegato di Google e oggi rappresentante dell’azienda ai massimi livelli mondiali.

In Europa contro Google e gli OTT in genere si stanno peraltro aprendo fronti diversi e impegnativi. Sul terreno dell’elusione fiscale si stanno muovendo molti paesi, a cominciare dalla Gran Bretagna. Il senato francese sta per votare un progetto che chiede la trasparenza degli algoritmi dei motori di ricerca, anche se ci vorrà parecchio tempo prima che si arrivi a una legge. In Germania è attesa per l’estate la pronuncia dell’Antitrust circa la denuncia di abuso di posizione dominante presentata dagli editori nei confronti di Google. Per usare le parole di Catherine Morin-Desailly, presidente della commissione senatoriale francese della cultura, dell’istruzione e della comunicazione, “la rete si sta stringendo”.

http://www.huffingtonpost.it/claudio-giua/le-accuse-della-ue-a-google_b_7072124.html