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Al ‘Waterstone’, il padiglione di Banca Intesa, scaldano i muscoli per l’avvio della lunga maratona dei sei mesi milanesi di Expo 2015. I vertici del gruppo hanno preso molto sul serio, e non poteva essere diversamente, il ruolo di global partner dell’esposizione. Un impegno pesante sia per gli investimenti economici (oltre 30 milioni) sia per il lavoro progettuale e organizzativo. Come racconta Vittorio Meloni, direttore relazioni esterne, che si è speso insieme alla sua squadra per rappresentare al meglio il rapporto della banca con il mondo delle imprese italiane, ospiti per raccontarsi a turno al ‘Waterstone’. E nello stesso tempo organizzando un ricchissimo programma di eventi culturali e anche pop, a segnare il legame di Intesa Sanpaolo con la società in cui opera, senza sottovalutare gli effetti sull’immagine internazionale

Mancano pochi giorni all’inaugurazione e sotto le arcate rivestite a scandole della struttura lignea progettata dall’architetto Michele De Lucchi si lavora sodo per dare gli ultimi ritocchi all’allestimento di ‘The Waterstone’, il padiglione realizzato da Intesa Sanpaolo per l’Expo di Milano.
“Siamo tra i primi ad avere praticamente concluso i lavori”, afferma con una punta di orgoglio Vittorio Meloni, responsabile della direzione centrale relazioni esterne dell’istituto di credito milanese, raccontando come Intesa Sanpaolo si è buttata nell’avventura dell’esposizione universale.
In pratica tutto è iniziato il 3 agosto 2012, quando è uscito il bando di gara per il global banking partner di Expo. “Già quella data non rientrava in un periodo dell’anno particolarmente felice per il calendario lavorativo italiano, se poi si aggiunge che la scadenza del bando era fissata per il 26 settembre si può capire come con tempi così stretti abbiamo dovuto darci da fare”, commenta Meloni.

Il dossier è passato innanzitutto all’esame della struttura della Banca dei Territori, la business unit con la responsabilità dei clienti retail, piccole e medie imprese e mid corporate, ed è poi finito sul tavolo della direzione comunicazione che fa capo a Meloni.
“Il bando prevedeva la partecipazione come partner e fornitore di servizi”, spiega il manager. “Bisognava quindi valutare la capacità di erogare quanto richiesto – servizi trasnazionali, la rete di Pos e Atm (i Bancomat, per capirci) – ma anche decidere come interpretare l’aspetto della partnership come grande accordo di sponsorizzazione, quindi di scambio e uso del brand. E, infine, dovevamo analizzare l’investimento e i possibili ritorni”.
I vertici del gruppo, con l’amministratore delegato Carlo Messina in testa, hanno deciso che valeva la pena esserci e così, investendo una trentina di milioni di euro, di cui circa l’80% cash e il resto in servizi, Intesa Sanpaolo si è assicurata il ruolo di global banking di Expo. “Il ritorno economico”, spiega Meloni, “dovrebbe arrivare dalle attività legate ai servizi forniti e dalle commissioni per i finanziamenti agli operatori, tenendo conto che gestiremo anche la biglietteria e contiamo che il nunero di visitatori sia quello promesso”.
“Poi”, continua il manager, “c’è il ritorno immateriale in immagine e comunicazione. A questo proposito, ho subito decisamente bloccato chi pensava di caratterizzare la nostra presenza a Expo comunicando l’idea della grande banca, attraverso la rappresentazione di un’imponente agenzia dedicata, anche se altamente automatizzata, insistendo invece sull’idea di uno spazio che esprimesse i nostri valori. Così è nata l’idea di un padiglione – tra l’altro siamo l’unico global partner di Expo ad averlo – sul principio ispiratore dello sharing, della condivisione: un progetto per rappresentare la nostra identità in rapporto con la nostra presenza sul territorio, quindi con la cultura e con l’economia reale del Paese”.

Meloni tiene a sottolineare che tutto il concept della presenza di Intesa Sanpaolo a Expo 2015 è stato sviluppato dal team che, all’interno della sua direzione, fa capo a Gabriella Gemo, responsabile corporate image e regista dell’operazione.

L’articolo integrale è sul mensile Prima Comunicazione n. 460 – Aprile 2015