La risposta delle edicole al governo sulla riforma del comparto editoria: riorganizzazione, nuovi prodotti e ‘ticket cultura’ per famiglie e giovani (DOCUMENTO)

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di Laura Preite – Gli edicolanti rispondono al governo sulla bozza di riforma del settore editoria con una controproposta che prevede una riorganizzazione territoriale delle edicole, il superamento della distinzione tra edicole “esclusive” e non, informatizzazione della rete di vendita.

Snag, Sinagi e Usiagi, inoltre, propongono la creazione di un “ticket cultura” per giovani e famiglie per l’acquisto dei giornali “esclusivamente nelle edicole”, si tratterebbe di un investimento per la crescita del mercato culturale, dicono, da finanziarsi in parte con soldi pubblici, in parte privati, dal mondo editoriale. In particolare si potrebbe pescare, dai 10 milioni previsti per l’informatizzazione, suggeriscono.

Si aggiunge alla proposta degli edicolanti la richiesta di poter vendere ulteriori prodotti, come bevande, snack e tabacchi e di offrire ulteriori servizi, turistici e informativi.

La lettera inviata alla presidenza del Consiglio, dipartimento editoria:

Proposte per la riforma dell’editoria A) Modifica del D.lgs. n. 170/2001
1. Riconoscimento che l’attività di vendita di quotidiani e periodici è un servizio economico di interesse generale soggetto a specifici obblighi di legge e ad una disciplina di settore posta a tutela del pluralismo e dei principi fondamentali in materia di libertà di stampa ed espressione.
2. Programmazione “ragionata” dei punti vendita di giornali basata su criteri qualitativi e su criteri quantitativi o territoriali compatibili con la direttiva Bolkestein (sotto forma, ad esempio, di restrizioni fissate in funzione della popolazione o di una distanza geografica minima tra punti vendita).

Sul punto osserviamo che la Commissione Europea (Risposta ad interrogazione scritta sul sistema autorizzatorio nella vendita di quotidiani e periodici in Italia IT E‐000827/2015) ha precisato che tra i motivi imperativi di interesse generale vi sono “gli obbiettivi di politica culturale, compresa la salvaguardia della libertà di espressione dei vari elementi presenti nella società e, in particolare, dei valori sociali, culturali, religiosi o filosofici o il mantenimento del pluralismo della stampa” e che “i punti vendita editoriali servono un motivo imperativo di interesse generale come definito dall’art. 4, paragrafo 8, della direttiva sui servizi e dal momento che i regimi di autorizzazione imposti sono non discriminatori e commisurati a conseguire l’obbiettivo dell’interesse pubblico, potrebbero essere imposte determinate restrizioni….”. Sulla base di quanto affermato dalla Commissione e di quanto già previsto sia dalla Direttiva Bolkestein che dal D.lgs. n. 59/2010 possono essere “valutati” anche criteri quali “restrizioni quantitative o territoriali sotto forma, in particolare, di restrizioni fissate in funzione della popolazione o di una distanza geografica minima tra prestatori” (cfr. dell’art. 15 della Direttiva “Requisiti da valutare” e dell’art. 12 del D.lgs. n. 59/201012 “Requisiti subordinati alla sussistenza di un motivo imperativo di interesse generale”).
Per programmazione “ragionata” dei punti vendita di giornali basata su criteri qualitativi si intende una forma di programmazione territoriale dei punti vendita (regolarmente autorizzati dai comuni competenti), per far si che vi sia una edicola laddove c’è un bisogno in termini culturali e di promozione della lettura e dell’informazione. (…)

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