(Corriere della Sera) Al Salone della transizione, dove si aspetta che tutto cambi (i vertici della manifestazione, gli equilibri editoriali, magari anche il segno meno del mercato) dove anche ieri, nella giornata di apertura, tutti hanno reso omaggio alla Germania, Paese ospite, sottolineando la profondità dei rapporti culturali, fa discutere la decisione del gruppo Mondadori di non andare alla Buchmesse,cosa che probabilmente farà anche Rcs. Una decisone che Enrico Selva Coddè, amministratore delegato Mondadori Libri, ha spiegato al «Corriere» con «la necessità di conciliare la dimensione dei costi con l’efficienza».

Non è certo uno sgarbo alla Germania, «ma la dimensione fieristica della comunicazione è in discussione in tanti settori, non soltanto quello del libro. Non ci sono capisaldi intoccabili, soprattutto quando ci sono operazioni di ammodernamento. Più che un problema di costi è un problema di opportunità, di correttezza della gestione. Il costo della partecipazione era di circa 300 mila euro, ci poteva anche stare, ma credo che si debba puntare su altre forme di comunicazione. Viene meno la macchina fisica, espositiva, non la dimensione dell’incontro, della relazione. I nostri rights people , le persone che si occupano dei diritti, ci saranno».
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Certo tutto dipende dalla fusione (entro il 29 maggio dovrebbe arrivare da Mondadori l’offerta vincolante per l’acquisto di Rcs Libri), ma è probabile che la decisione di disertare la Buchmesse verrà condivisa da Rcs, come ha detto Mario Andreose mercoledì, a margine della presentazione del suo Uomini e libri a Roma, anche se Laura Donnini, amministratore delegato di Rcs Libri, non conferma e anzi dice che sta ancora valutando: «Devo ragionarci, diciamo che siamo al 50 per cento di possibilità. Non andare comunque significherebbe soltanto andare senza stand, non senza le persone». Selva sostiene che, in ogni caso, l’eventuale decisione di Rcs di non partecipare alla Buchmesse è indipendente: «Spesso nelle aziende funziona così: ci vuole qualcuno che prende una decisione forte, poi gli altri magari seguono, anche se il mondo editoriale da questo punto di vista è meno standardizzato». (…)
Francoforte, il no di Mondadori agita gli altri: «Noi andremo» (Corriere della Sera, 15 maggio 2015)