Dalla foto del piccolo Aylan Kurdi e la pubblicazione delle foto del suo corpo su una spiaggia turca, ai discorsi di Donanld Trump contro migranti e musulmani, passando per i muri europei. Il tema dell’immigrazione è stato uno di quelli più dibattuti nel corso di questo 2015. Pochi giorni fa, in occasione della Giornata Internazionale dei Migranti dello scorso 18 dicembre, Ethical Journalism Network ha pubblicato il report ‘Moving Stories‘ nel quale ha analizzato proprio il tema dell’immigrazione sia stato affrontato sui media internazionali, puntando la sua attenzione sull’Unione Europea e su altri 14 Paesi nel mondo.
Il report, di oltre 100 pagine, ha messo in risalto come spesso i media non siano riusciti a fornire dei racconti completi, cadendo in alcuni casi “trappole demagogiche”, figlie di situazioni politiche complesse, usando un linguaggio vago o termini non sempre appropriati come invasione. La ricerca parla esplicitamente di opportunità perse da parte dei media per poter lanciare l’allarme per tempo, anche a causa dell’impreparazione dei giornalisti stessi, impreparazione alla quale suggerisce di porre rimedio con reporter preparati sulla questione, con corsi formativi, migliorando i contatti con le organizzazioni di migranti e rifugiati, o assumendo giornalisti appartenenti a minoranze etniche per promuovere la diversità nelle redazioni.
Secondo Jan Egeland, segretario generale del Consiglio norvegese dei rifugiati, “non è solo questione di una mancanza di umanità nell’agenda delle testate giornalistiche”, quello che serve è una”lente più grande per osservare davvero cosa sta accadendo”. La mancanza di una prospettiva più ampia, spiega il report, porta i media a perdere il collegamento tra immigrazione e sviluppo, con i giornalisti che ignorano i dati emersi da alcuni studi, che mostrano come l’immigrazione, andando oltre le sfide sul breve termine, porti dei benefici allo sviluppo economico e culturale sul lungo periodo.
“C’è una tendenza, sia tra i politici che nei media principali, a considerare i migranti tutti nel loro insieme, presentandoli come una corrente di persone in apparenza senza fine che ruberanno i posti di lavoro, diventeranno un peso per lo stato e minacceranno lo stile di vita locale”. Un tipo di racconto che, continua il report, “non solo è sbagliato, ma è anche disonesto”, considerando come i migranti spesso portino enormi benefici ai paesi di adozione.
Dall’Australia all’America, passando per Asia, Africa e Europa, sono diverse le nazioni sulle quali si è soffermato il report, focalizzandosi nello specifico su Unione Europea e su altri 14 Paesi nel mondo, mettendo in risalto anche particolari spesso ignorati dai media mainstream. Come ad esempio il fatto che in nazioni come Cina, India e Brasile si registri una massiccia migrazione interna, che potrebbe far considerare limitati i numeri di quella internazionale. O in Africa, dove oltre ai flussi diretti a nord, sono molti i migranti che si spingono verso il Sudafrica, un paese dove i media affrontano problemi legati alla xenofobia e alla pressione governativa.
Nel Vecchio Continente, è evidente come ultimamente l’immigrazione e la crisi dei rifugiati abbiano scosso le fondamenta dell’unità comunitaria, con i media che in generale da una parte si sforzano per dare una copertura bilanciata, mentre i leader politici rispondono alla questione con un misto di intolleranza e panico. E in Italia? Secondo il report nel nostro Paese i giornali hanno raccontato l’immigrazione usando un approcio che riflette la complicata situazione politica, non rinunciando a toni allarmistici, con espressioni come invasione o mutuate dal gergo guerresco, non dimenticando però anche gesti di solidarietà, raccontati soprattutto dopo il mese di settembre, in seguito alla decisione della cancelliera Tedesca di aprire le frontiere tedesche ai rifugiati siriani.
– Leggi o scarica il report completo sul sito Ethicaljournalismnetwork.org a questo link (.pdf)
– Leggi o scarica il focus sull’Italia a questo link