Un settimanale minimalista ed elegante targato Repubblica: attualità tosta, grandi fotografi, la moda trattata come una notizia. Non un femminile tradizionale insomma, spiega Daniela Hamaui che 20 anni fa l’ha pensato e fondato, vincendo la scommessa
Mentre le Spice Girls spopolavano con ‘Wannabe’, le adolescenti si innamoravano di un giovane Di Caprio, Romeo nel film di Baz Luhrmann ‘Romeo + Juliet’. Nello stesso anno, per decreto della regina Elisabetta, le ex nuore Diana e Sarah perdevano i titoli reali. Per due donne in discesa, altre due in salita: Christine Lagarde entrava nell’esecutivo dello studio legale Baker & McKenzie e Angela Merkel, il ministro più giovane nel governo Kohl, conquistava l’affettuoso soprannome ‘das Mädchen’, la ragazza. In Italia il governo Prodi schierava tre ministri donne: Rosy Bindi, Angela Finocchiaro e Livia Turco. Nella moda, Gianni Versace portava in passerella le sue ultime sfilate, Armani festeggiava con un mega party il suo nuovo flagship store sulla Madison, a New York.

Era il 1996. L’anno in cui uscì, in Italia, quello che venne definito ‘il meno femminile dei femminili’: D la Repubblica delle Donne. Un settimanale da vendersi abbinato ogni martedì al quotidiano Repubblica, al prezzo complessivo di 2.200 lire. Carta opaca e pesante, 70 grammi e 180 per la copertina. Foliazione del primo numero, 180 pagine di cui 80 di pubblicità. Editore Editoriale Publietas, del Gruppo L’Espresso. Direttore responsabile Ezio Mauro. Direttore effettivo Daniela Hamaui, 42 anni, ex direttore del mensile mondadoriano Cento Cose.
Com’è andata? “Tutto è cominciato nel ’94. Il mio amico Enrico Regazzoni, che lavorava alle nuove iniziative di Repubblica, un giorno mi disse: ‘Devo parlarti di una cosa segretissima, devi darmi una mano, ma tu giura che non dirai mai niente a nessuno’”. Daniela Hamaui è notoriamente una persona riservata e mantenne il segreto. È un tipo asciutto ma, nel ricordare, parla con passione. “Repubblica stava pensando a un allegato femminile. E allora io, che ero una grande lettrice di femminili stranieri, dissi a Enrico che in Italia non c’era alcun bisogno di un nuovo femminile, visto che in Europa e forse nel mondo il nostro era il Paese che ne aveva di più, e di target alto. Quindi l’unica possibilità per Repubblica era quella di non fare un femminile, ma un settimanale per le donne”. Vedremo cosa intendeva con questa differenza. Intanto Regazzoni portò l’idea ai vertici del quotidiano e ne rivelò l’autrice. Hamaui fu presentata, nell’ordine, all’amministratore delegato Marco Benedetto, al presidente Carlo Caracciolo e infine a Eugenio Scalfari. Lei non vedeva l’ora di incontrare il fondatore del giornale dove aveva mosso i suoi primi passi, collaborando alle pagine milanesi.
L’articolo è sul mensile Prima Comunicazione n. 472 – Giugno 2016
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