L’Istat inserisce la Rai nell’elenco delle amministrazioni pubbliche. Si rischia una mazzata, dice Siddi. Così il servizio pubblico cessa di essere azienda

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L’Istat ha collocato la Rai nell’elenco delle amministrazioni pubbliche, inserite nel conto economico consolidato dello Stato, pubblicato in Gazzetta Ufficiale. “Questo inserimento rischia di dare una mazzata al servizio pubblico assoggettandolo ai limiti contabili e gestionali di qualsiasi ufficio amministrativo”, il primo commento del consigliere Franco Siddi a margine del Prix Italia.

“Per l’Istat la Rai diventa un ufficio pubblico e cessa di essere un’azienda. C’è da chiedersi chi decide cosa e perché”, ha rincarato secondo quanto riporta Ansa. “Si cancellano di fatto anche i chiarimenti importanti della recentissima legge sulla governance Rai, che definiscono i caratteri di impresa e la tipicità propria di un’azienda che è servizio pubblico ma sta sul mercato e ha in pancia una società quotata (Rai Way). In concreto”, ha specificato, “persino avviare le procedure d’acquisto, con gara, delle nuove telecamere di ultima generazione potrebbe risultare impossibile in tempi ragionevoli così come la gestione delle attività editoriali per le quali tutti chiedono efficacia e tempestività”.

Franco Siddi
Franco Siddi, consigliere Rai e presidente di Confindustria Radio Televisioni (CRTV)

“L’Istat è indipendente, è vero, ma qualcuno glielo dovrà pur dire che così non va per niente bene”, ha sottolineato ancora. “Quando si mette la Rai nello stesso elenco degli enti produttori di servizi assistenziali, ricreativi e culturali, dalla Croce Rossa alle Federazioni sportive, alla scuola archeologica italiana di Atene, significa che la si vuole considerare mera branca della pubblica amministrazione. E con la competitività, il sostegno e lo sviluppo dell’industria creativa, il rapporto con gli investitori, come la si mette?”