La città al centro

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A2A accelera sulla comunicazione per far conoscere i suoi primati e le sue eccellenze. Primo passo: il nuovo logo che raffigura una città stilizzata. “È una svolta rinascimentale”, dice l’amministratore delegato Valerio Camerano, che guarda al futuro urbano, alla sostenibilità e ai servizi innovativi

È la più grande multiutility italiana, con una storia centenaria alle spalle e oggi ai vertici nel campo della produzione di energia (è il secondo produttore nazionale), nelle reti di distribuzione, nei servizi ambientali e nel teleriscaldamento, con 12mila dipendenti e un fatturato di 4 miliardi 921 milioni nel 2015; un gruppo quotato in Borsa e proiettato verso un futuro fatto sempre più di energie rinnovabili e servizi innovativi. Eppure A2A è tra le realtà industriali meno note al grande pubblico. Non soltanto perché il brand in effetti ha solo tre anni di vita (la sigla A2A nasce nel 2013 dalla fusione tra la milanese Aem e la bresciana Asm), ma anche perché nel passato, con una concretezza tutta lombarda, si è badato più a costruire impianti, reti e centrali invece di comunicare al pubblico i risultati del proprio lavoro e sviluppare una moderna strategia di marketing a sostegno della crescita aziendale. Colmare questo ritardo, riempiendo di contenuti il brand A2A, è uno degli obiettivi prioritari del nuovo amministratore delegato Luca Valerio Camerano, in carica dal giugno 2014. Un obiettivo che ha pari dignità rispetto agli altri punti del piano industriale 2015-2020 approvato lo scorso aprile, come lo sviluppo di nuovi servizi legati alla green economy, alle smart city e alle reti intelligenti e l’espansione della società in Italia e all’estero. Lo dimostra l’operazione di restyling del logo varata in questi giorni, quasi una provocazione per un gruppo abituato più a fare che ad apparire e comunicare.

Nella foto, da sinistra Giovanni Valotti, presidente A2A e Franco Anelli Rettore dell’Università Cattolica

“Le utility”, osserva Camerano, “hanno sempre patito molto della mancanza di comunicazione e quindi di visibilità. Io ho cominciato a occuparmi di energia e utility a Citibank tra il 1991 e il 2000. In quegli anni nessuno comunicava. Nel 2000 sono passato alla Camuzzi, poi acquisita da Enel. Camuzzi è stata la prima in Italia a creare il marketing delle utility. Quando sono entrato nella società l’unica distinzione che si faceva era tra clienti vivi e clienti morti. Sembra una battuta ma c’è una spiegazione: all’epoca molti lasciavano intestate le utenze ai parenti morti, sia per comodità sia per motivi fiscali. Il marketing relazionale delle utility è nato da questa prima brutale segmentazione”.

L’articolo è sul mensile Prima Comunicazione n. 476 – Ottobre 2016

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