Google respinge le accuse dell’Antitrust Ue. Serviamo gli utenti al meglio, dice Big G, senza favorire i nostri servizi e danneggiare la concorrenza

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Google cerca sempre di trovare il modo migliore per connettere gli utenti con le informazioni che interessano loro, ed utilizza questo approccio anche per le ricerche sullo shopping online, e quindi “dissente” dalle accuse della Commissione Ue secondo cui ‘Google shopping’ danneggia la concorrenza. E’ questa, in sintesi, la risposta dell’azienda ai rilievi di Bruxelles, una ‘disputa’ che va avanti da ormai da sette anni.

Sundar Pichai
Sundar Pichai

Google, spiega l’agenzia Ansa, ha consegnato oggi all’antitrust europeo la sua risposta formale a due delle tre ‘Statement of objection’ ricevute, spiegando come la sua condotta non restringa la concorrenza né danneggi i competitor più piccoli, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione che ha mosso l’indagine proprio su richiesta di attori del mercato più piccoli che affermano di perdere ‘click’ a causa di big G.

La risposta su Android, altro terreno di scontro, dovrebbe arrivare invece entro l’11 novembre.

“Le accuse della Commissione sono sbagliate in termini fattuali, di legge, ed economici”, scrive Kent Walker, vicepresidente di Google, in un post sul blog aziendale che illustra le risposte presentate oggi alla Ue. Bruxelles, spiega, “ha tracciato una definizione talmente stretta di servizi di shopping online che esclude persino Amazon”. Ed afferma che “quando abbiamo offerto un servizio migliorato di annunci di shopping ai nostri utenti e clienti, abbiamo ‘favorito’ i nostri servizi, cosa cattiva per una manciata di aggregatori che comparano prezzi, i quali sostengono di aver perso click da Google. Ma questo non prende in considerazione il significato concorrenziale di società come Amazon e le più ampie dinamiche dello shopping online”.

In sostanza, Google sostiene di inseguire il suo diretto concorrente, cioè Amazon, “di gran lunga il più grande player sul campo”, e non i piccoli aggregatori, ai quali non toglierebbe comunque spazio di mercato. Ma per la Commissione siti come Amazon non sarebbero invece suoi concorrenti perché a volte pagano gli stessi aggregatori per il traffico che gli girano. Inoltre, secondo il colosso di Mountain View, Bruxelles non considera quanto sia diverso lo shopping online rispetto a 7 anni fa, quando fu aperta l’indagine. “I consumatori non vanno soltanto su un motore di ricerca, cliccano su un sito di comparazione di prezzi e poi sul sito del venditore”, ma raggiungono il sito attraverso molti modi, dai social media agli annunci online forniti da diverse società. Di conseguenza, anche i venditori hanno molti più modi di prima per raggiungere i clienti. Soprattutto via smartphone, visto che la metà del traffico internet oggi viaggia su mobile. Il blog cita anche uno studio tedesco che dimostra come un terzo di coloro che fa acquisti online si rechi direttamente su Amazon, e solo il 14,3% si rivolga direttamente a Google. Secondo il motore di ricerca, la Commissione vorrebbe anche che non venisse utilizzato un algoritmo per classificare i risultati “più rilevanti” per gli utenti che vogliono fare acquisti, ma bisognerebbe solo rendere più evidenti gli annunci dai siti di comparazione di prezzi. Ma gli utenti, secondo Google, non vogliono questo: “Forzarci a dirigere i click verso gli aggregatori sarebbe sostenere siti che sono diventati meno utili per i consumatori”, conclude Walker.