L’esordio di Minoli con Renzi porta a La7 il 4% di share. Il commento di Anzaldi: con questa informazione aumentano gli ascolti mentre la Rai taglia spazi e programmi

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Buon esordio ieri sera, domenica 6 novembre, per il Faccia a Faccia di Giovanni Minoli che nell’access prime time ha raccolto oltre 1,1 milioni di ascoltatori medi (1.105.174) pari ad una share del 4,11%. Il programma ha raggiunto un picco di massimo ascolto di quasi 1,5 milioni di spettatori (1.498.258) e del 5,48% di share medio. Ascolti che fanno segnare una crescita rispettivamente del +59% in ascolto medio e del +51% in share rispetto alle domeniche precedenti del mese di ottobre.

“La7 punta sull’informazione e con l’intervista di Giovanni Minoli a Matteo Renzi raddoppia gli ascolti nella fascia oraria di access prime time della domenica. La Rai, invece, taglia gli spazi informativi e rinuncia alla sua vocazione di servizio pubblico”. A scriverlo su Facebook il deputato del Partito democratico e segretario della commissione di Vigilanza Rai, Michele Anzaldi, commentando i risultati ottenuti al debutto nel suo nuovo programma ‘Faccia a Faccia’ dall’ex giornalista Rai.

“Domenica scorsa, con le repliche di Crozza – spiega Anzaldi – La7 aveva fatto nella fascia oraria post tg delle 20 uno share del 2,6%, e nelle settimane precedenti era rimasta intorno al 3%. La nuova trasmissione di Minoli, con il serrato ‘faccia a faccia’ con il presidente del Consiglio Matteo Renzi, è arrivata al 4,11%, quasi il doppio della settimana precedente, con oltre un milione di telespettatori”.

“Puntare sull’informazione si dimostra una strategia vincente per l’emittente di Cairo”, ribadisce Anzaldi, accusando la Rai di essersi distinta “rispetto alla scorsa stagione” solo “per la chiusura di alcune trasmissione e il taglio di spazi informativi”.

Per Anzaldi, “sono risultati che dovrebbero far riflettere il servizio pubblico: se l’informazione viene ritenuta vantaggiosa da una tv privata, che si regge solo sulla pubblicità, come dovrebbe considerarla la tv pubblica che invece si può reggere su quasi due miliardi di euro di canone dei cittadini, oltre alla raccolta pubblicitaria? La Rai ha il canone, ha la raccolta pubblicitaria, ha il contratto di servizio che le impone di fare informazione, ma ha preferito ridurre gli spazi”.