A parte l’ad de La 7 Marco Ghigliani che ha rilanciato la tesi di mettere a gara tra chi fa informazione i maggiori ricavi del canone nella bolletta elettrica (circa 400milioni di entrate in più rispetto ai 1,6 miliardi incassati nel 2015 dalla Rai quando il canone era di 113,5 euro contro i 100 di quest’anno) nessuno ha però messo in discussione il rinnovo della concessione di servizio pubblico alla Rai.

E questo è già tanto ed è anche positivo che ci sia stato un clima sereno e disteso all’incontro a porte chiuse (ma non segreto) che si è svolto tra il sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli e le televisioni commerciali martedì pomeriggio 30 novembre negli uffici del Mise di Largo di Brazzà.
Preparando l’atto della convenzione tra lo Stato e la Rai che regolerà la vita della televisione pubblica per i prossimi dieci anni e che dovrebbe essere licenziato dal Consiglio dei ministri prima di Natale Giacomelli sta raccogliendo i pareri e le opinioni degli stakeholder del sistema.
In rappresentanza dei gruppi televisivi privati c’erano Stefano Selli per Mediaset, Maurizio Giunco e Fabrizio Berrini per l’emittenza locale, Franco Siddi già consigliere Rai in qualità di neo riconfermato presidente di Confindustria Tv. Presenti anche Sky, la Fieg e Tv 2000 mentre era assente giustificato Discovery. Pare fosse stata invitata anche la Rai che ha rinviato l’invito ad un faccia a faccia riservato con Giacomelli visto la posta in gioco.
Quali sono stati i temi sollevati dai concorrenti della Rai? Si è manifestata una chiara voglia di mettere paletti alla Rai sulla pubblicità tenuto conto dei presumibili maggiori incassi da canone per almeno 200milioni. Cento milioni dell’extragettito sono invece destinati alle tv locali e all’editoria ed è questa la ragione che spiega la serenità con cui si è sviluppata la discussione.
E’ plausibile che nell’atto di concessione ci potranno essere delle indicazioni sulla pubblicità visto che c’è un fronte ampio di lamentazioni da Mediaset a La 7 sugli sconti dei listini venduti di Rai Pubblicità che – è stato detto – “obbliga il mercato ad accodarsi svendendo ulteriormente gli spazi con ricadute negative fino alle tv locali”.
In realtà Rai Pubblicità si è già riallineata rialzando i prezzi degli spot sulla spinta del dg Rai Antonio Campo Dall’Orto e anche per input del sottosegretario Giacomelli. E per amor di verità va anche detto che dietro questa sollevazione generale c’è il fatto che i concorrenti non hanno mai digerito che con l’arrivo di un grande venditore come Fabrizio Piscopo Rai Pubblicità si sia messa a competere in modo moderno e intelligente guadagnando quote di mercato a discapito del suo competitor diretto Publitalia.
Oltre alla maggiore trasparenza ed equilibrio sui listini è stato anche chiesto che non sia consentito ad una azienda pubblica che copre col canone 3/4 dei suoi costi la stessa flessibilità nell’applicazione dei tetti di affollamento permessa alle reti private che vivono esclusivamente di spot.
Sotto la lente di ingrandimento è entrato il fatto che la Rai spalma il 4% dell’ affollamento medio settimanale sulle tre generaliste caricando di più su Raiuno e meno su Raidue e su Raitre. Nel caso si decidesse un intervento per vincolare la tv pubblica al rispetto del tetto rete per rete gli esperti stimano una perdita di fatturato per Rai Pubblicità intorno ai 50-60milioni.
Ma non finisce qui. Ad innervosire i concorrenti c’è anche l’aspetto delle convenzioni con i ministeri e le regioni da cui la Rai ricava ulteriori risorse per fare attività di servizio pubbliche già retribuite con il canone mentre Sky ha sottolineato in particolare che la Rai debba essere presente su tutte le piattaforme e non privilegiare Tivù Sat.
Nella stessa giornata di martedì Giacomelli sempre con in testa l’obiettivo della concessione Rai ha incontrato anche l’Agcom e l’Antitrust ed ha inoltre ascoltato il parere dei produttori dell’Apt e di Anica.