“Responsabilizzare i social web nel contrasto alla propaganda d’odio, impegnandoli all’esigenza di rimuovere i contenuti che inneggiano a comportamenti violenti o forme di discriminazione, che sono il presupposto di comportamenti che possono portare a devianze con un contenuto violento, e’ l’unico modo di evitare un odioso controllo pubblico su questi strumenti, che rischia di creare tanti problemi quanto nell’attuale soluzione, e contemporaneamente di poter dare una risposta a un fenomeno sempre piu’ preoccupante”. Dopo l’intervista pubblicata ieri sul ‘Foglio‘, il ministro della Giustizia Andrea Orlando, torna a parlare del ruolo dei social e della Rete, intervistato da Rtl 102.5.

La reazione dei social, ha spiegato il Guardasigilli, e’ stata “porre un’obiettiva difficoltà rispetto a queste richieste, si tratta di intervenire su un numero enorme di contenuti postati, una resistenza perchè questa difficoltà comporta un conto”. “Però”, ha aggiunto “inizia a esserci quel riconoscimento in termini generali del fatto che l’utilizzo di questo tipo di strumenti provoca una serie di effetti simili a quelli di una tradizionale attivita’ di pubblicazione di contenuti di informazione”.
“Quindi anche se ancora non c’e’ una disponibilita’ definitiva, comincia a farsi strada una certa consapevolezza o almeno un riconoscimento in termini di principio. Ma questa battaglia – ha precisato il ministro – si puo’ vincere solo in un livello sovranazionale: per questo la dimensione minima che sta avendo un qualche risultato e’ quella dell’Unione Europea”. “L’Italia insieme alla Germania è stato il paese che più ha spinto affinchè questo confronto andasse avanti”, ha specificato Orlando. “Ora credo si tratti di fare dei passi ulteriori e decisivi per avere risultati su questo fronte”.
“Noi ci dobbiamo far carico anche di chi utilizza la Rete per la diffusione di contenuti che sono il frutto di una vera e propria pianificazione dell’odio”, ha detto, aggiungendo come “il processo di radicalizzazione, reclutamento e coinvolgimento anche in fenomeni di carattere terroristico e di propaganda jihadista passano spesso attraverso la Rete”. “Non bastano le raccomandazioni ad un uso consapevole, ma si tratta anche di coinvolgere il social network affinche’ possa contribuire a contrastare questo tipo di fenomeni”. “Si dice che devono valere le regole che valgono nella vita normale e che quindi e’ giusto che se uno lede la liberta’ altrui intervenga la magistratura: ma stiamo parlando di numeri cosi’ grandi che nessuna forma di repressione tradizionale e’ in grado di funzionare in modo efficace. Per questo chiediamo un aiuto anche a chi gestisce questo tipo di piattaforma”, ha concluso.